Ogni anno l’Oxford Dictionary, bibbia e punto di riferimento della lingua anglosassone (e non solo), sceglie una parola simbolo: un termine, un lemma, un’espressione che sintetizzi in qualche modo quel che si è detto e scritto durante i mesi precedenti. Le fonti sono giornali, media e web.
Il Dictionary, l’ha scelta come “parola internazionale dell’anno” per il 2016: “post-truth“, ovvero la post-verità. Si tratterebbe di un aggettivo che descrive una situazione in cui “i fatti obiettivi sono meno influenti sull’opinione pubblica rispetto agli appelli emotivi e alle convinzioni personali”. Espressione che descrive l’atteggiamento non solo e non tanto di chi dice il falso, ma di chi considera alla stregua di un optional la differenza tra ciò che è vero e ciò che non lo è, che avrebbe di fatto deciso le due elezioni cruciali degli ultimi dodici mesi: il referendum britannico sulla Brexit e le presidenziali americane. Gli esperti del dizionario di Oxford, la madre di tutti i dizionari, affermano che l’uso del termine, che non è di nuovo conio e sarebbe in uso da almeno una decina d’anni, è aumentato del 2000 per cento nell’ultimo anno in confronto al 2015 e sembrerebbe un fenomeno che va dalla politica alla società, dal pubblico al privato, dall’Occidente ai paesi emergenti, domina il web, in particolare i social network, ma dilaga anche su altri media, la tivù, i talk-show radiofonici, i giornali, e nelle battute che si ascoltano al bar, sul bus, in ufficio. Sembra che il termine eletto “Word of the year” sia stato coniato dal drammaturgo Steve Tesich, anche se non sembra l’abbia usato con il significato attuale bensì con una denotazione temporale (“dopo” la verità). In sostanza, quindi, la parola dell’anno 2016 riguarda l'”indifferenza alla verità”, qualcosa di cui oggi si può fare tranquillamente a meno.
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