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Vinilici. Perché il vinile ama la musica. La recensione del film

Dal 20 novembre grazie a Mescalito Film è arrivato al cinema Vinilici. Perché il Vinile Ama la Musica, documentario realizzato da Napoli Film Industry e nato da un’idea di Nicola Iuppariello che ha scritto la sceneggiatura con Vincenzo Russo. Il film è diretto da Fulvio Iannucci, già regista di Francesco da Buenos Aires e Caffè Sospeso, quest’ultimo nella programmazione di Netflix.

A settanta anni esatti dalla nascita del disco in vinile, Vinilici è il primo film completamente italiano dedicato a un supporto che sembra stia vivendo una sorta di rinascita, ed è molto amato anche dai giovani che, come viene ricordato nel film, vedono questo mezzo più come una “nuova tecnologia” piuttosto che come qualcosa di antico. Ci sono poi i nostalgici dei tempi in cui il vinile era l’unico supporto possibile per ascoltare la musica in autonomia e che ancora oggi non smettono di usarlo, comprarlo, collezionarlo e scambiarsi pareri, come Pino Imparato, uno dei più accaniti collezionisti di LP che in questo film ci parla del gusto per la ricerca, parte di ogni vero collezionista.

Insomma, a qualsiasi epoca si appartenga quello della musica in vinile è uno degli argomenti più gettonati e interessanti. Basta vedere una copertina famosa come quella di Srg Pepper’s dei Beatles o ascoltare per esempio Rimmel di De Gregori nella versione in vinile con la famosa copertina con il cammeo che subito parte una conversazione legata al suono, alla copertina del disco ma, soprattutto ai ricordi che quell’oggetto e quella canzone suscitano nella persona che la sta ascoltando. Tutto questo non succede solo alle persone di una certa età ma, come si è detto anche ai più giovani che magari hanno ascoltato De Gregori a casa, da bambini, con i genitori e hanno un ricordo d’infanzia legato proprio a quella canzone, anche se non è della loro annata.

Non credo sia un caso che, in questi tempi segnati da problemi politici e storici particolarmente difficili, si senta il bisogno di ritornare a qualcosa che sa di buono e che ci lega alle cose migliori del passato.
Non è un caso che una delle trasmissioni di punta di rai3 si chiami I miei vinili e sia dedicata proprio a questo concetto: il piacere di parlare di ricordi attraverso la musica e attraverso il vinile, appunto, che rappresenta innanzitutto un’esperienza.

Per questo Vinilici arriva al momento giusto e sceglie di raccontare il vinile attraverso le voci e le esperienze di chi ha fatto della musica la sua ragione di vita. Si susseguono, infatti, artisti come Renzo Arbore, Elio e le storie tese, Carlo Verdone, Red Ronnie e Mogol che raccontano la loro esperienza, l’effetto che ha avuto il vinile nella loro vita e quali sono stati per loro gli artisti e i brani più importanti.
Ma non si tratta semplicemente di un film che parla dei ricordi altrui e della nostalgia, il regista ha voluto anche raccontare gli aspetti tecnici che riguardano la produzione e la storia di questo meraviglioso supporto, senza tralasciare il racconto di coloro che il vinile lo hanno collezionato, lo vendono oppure partecipano alla sua produzione.
Per questo Vinilici è anche un documentario istruttivo che va ad approfondire aspetti che con la nostalgia non centrano nulla e che possono arricchire chi questa storia non la conosce. Del resto, è ciò che ogni film documentario dovrebbe fare, riuscire a emozionare e allo stesso tempo incuriosire lo spettatore coinvolgendolo anche in ambiti che non rientrano nella propria sfera di interesse.

Attraverso i racconti dei suoi testimoni, il film mette in evidenza l’eterno confronto fra l’analogico e il digitale sottolineando il piacere di dedicare alla musica un tempo preciso nel quale ci si sofferma, non solo ad ascoltare ma soprattutto a vivere un’esperienza. Gli autori e i testimoni stessi, tuttavia, non condannano il digitale come qualcosa di negativo perché di fruizione veloce, si limitano a porre l’attenzione sul discorso più generale che riguarda la musica e i diversi modi di fruirne.

Nonostante le molte ” teste parlanti” il film ha un buon ritmo e le interviste sono accompagnate da una colonna sonora sapientemente studiata per fare da contrappunto alla storia che mantiene la struttura classica dei tre atti. Iannucci, infatti, non smentisce la sua provenienza dal mondo della pubblicità e del documentario di qualità e ha il merito di aver dato al film uno sguardo cinematografico che non ha nulla da invidiare alla fiction. Con i molti movimenti di macchina e la scelta di unire tre storie diverse, si segue un filo rosso che tiene insieme la prima fabbrica produttrice di vinili in Europa (Società Fonografica Italiana, poi Phonotype Records con sede proprio a Napoli), al percorso del gruppo Osanna, dal prog Anni ’70 a oggi, fino al progetto Blindur di Massimo De Vita, le cui performance incorniciano il discorso.
Durante questo percorso vediamo poi la figura di un giovane personaggio, una spettatrice muta che ascolta la musica servendosi di mezzi diversi, fino ad arrivare proprio al disco in vinile che raccoglie la colonna sonora del film. Gli autori hanno voluto probabilmente rappresentare un passaggio di testimone dalle generazioni di ieri a quelle di oggi.
Ne viene fuori, così, un’immagine di compiutezza del film in appena settanta minuti.

Vinilici – Perché il vinile ama la musica dovrebbe essere proiettato nelle scuole a scopo divulgativo soprattutto per ricordare ai giovani che, a volte, dedicare il giusto tempo alle esperienze arricchisce quelli che sono i momenti fondamentali della nostra vita. La musica ha proprio questo merito, accompagnarci nei momenti più significativi, il vinile può aiutarci a godere proprio di quei momenti.

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