Cinema

The Eternal Daughter: il rapporto tra madre e figlia finisce con la morte? – Recensione

The Eternal Daughter di Joanna Hogg è in concorso a Venezia 79 e racconta il rapporto madre – figlia con un film che ha tutte le caratteristiche dell’horror, ma nulla di ciò che vedrete è come sembra.  

Terzo capitolo dell’Odissea della memoria diretto da Joanna Hogg, The Eternal Daughter vede protagonista Tilda Swinton nei panni di una scrittrice che sta scrivendo un libro su di sé e sua madre e sul rapporto che hanno tra di loro.

In una notte d’inverno, Rosalind e la figlia Julie (entrambe interpretate da Tilda Swinton) arrivano in un hotel che fu dimora prediletta della famiglia.

La figlia sta scrivendo un libro e registra meticolosamente tutte le conversazioni con sua madre e in particolare i ricordi della stessa. In un’atmosfera alla Shining le due donne sono le uniche ospiti dell’albergo e si relazionano con due sole altre figure, un custode e la ragazza della reception, che non sembra avere molta voglia di fare il suo lavoro e pare anzi mal digerire le richieste delle due clienti.

La ragazza della reception ha un fidanzato che la va a prendere con l’auto tutte le sere alla fine del lavoro con la musica techno ad alto volume. Nel frattempo madre e figlia si vivono il soggiorno tra ricordi di famiglia e nostalgia mentre Julie cerca di scrivere la sua storia e di notte nel frattempo esplora l’hotel e rumori sinistri le lasciano immaginare le cose più disparate, come se ci fossero altre persone in hotel.

L’analogia con alcune situazioni di Shining è molto evidente soprattutto per il contesto, un albergo isolato fa subito pensare a quello eppure, al contempo il senso di tranquillità, fin troppa, che si respira in questa storia dall’inizio alla fine.

Di sicuro il look di questo film è sullo stile horror e l’impostazione della storia ricorda effettivamente il capolavoro di Stanley Kubrik.

The Eternal Daughter: Quando smettiamo di essere figli?

La protagonista del film in sostanza non ha smesso di essere figlia, (da qui probabilmente la scelta del titolo), e questo soggiorno in hotel in un luogo di famiglia è un’occasione per lei di esplorare il proprio rapporto con la madre. È interessante il fatto che la stessa attrice interpreti entrambi i ruoli, Tilda Swinton è perfetta in questo, e questo mi fa pensare a una cosa che si dice spesso in questi casi e cioè che tendiamo a essere come i nostri genitori. Volenti o nolenti finiamo per somigliargli.

Nel corso della storia, durante la vacanza vengono fuori, ricordi, amarezze, parole e tante emozioni mentre la figlia cerca di scrivere la storia del suo rapporto con la madre e il compleanno di quest’ultima si avvicina.

Il film segue un ritmo lento che sembra quello del sogno, si svolge per lo più di notte e nel corso della visione non possiamo giurare che si tratti di realtà. L’albergo si fa luogo della memoria in cui sono custoditi i ricordi di una famiglia ma anche di una figlia e del suo rapporto con la madre.

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