Ambiente

Green Economy: stiamo andando nella direzione giusta?

Green Economy: stiamo andando nella direzione giusta? Ormai lo sappiamo tutti quanti: il cambiamento climatico e l’inquinamento ambientale sono reali, influenzano le nostre vite e sono problemi concreti che vanno risolti al più presto, perciò il passaggio ad un’economia verde non può più aspettare.
In questi ultimi anni, soprattutto dall’inizio della pandemia, la maggioranza degli stati mondiali sembra aver deciso di voler veramente fare qualcosa per arginare il problema, impegnandosi nello stipulare accordi e nello sviluppare proposte come l’Accordo di Parigi, il Green New Deal o l’European Green Deal.

Tutti e tre i “pacchetti” di proposte sopra citati si basano sulla spinta verso l’elettrico, come per il settore trasporti e mobilità, oltre che sulla riduzione dell’uso di combustibili fossili in favore di energie rinnovabili come eolico o solare.

Sicuramente le intenzioni sono le migliori, ma viene da chiedersi: stiamo andando nella direzione giusta? Questa green economy, non presenta nessuna controindicazione o effetto collaterale?

La miniera d’oro di TauTona, in Sud Africa, è la miniera a cielo aperto più profonda del mondo e arriva a 3,9 km di profondità.

Stiamo andando nella direzione giusta?
Come detto, le spinte verso l’elettrico e verso le energie rinnovabili sono alla base della lotta al cambiamento climatico. Per quanto necessarie e utili per arginare il problema, però, se non vengono gestite con parsimonia rischiano di risultare inutili, o peggio, di aggravare la situazione.

Enrico Mariutti (ricercatore e analista in ambito economico ed energetico, nonché presidente dell’Istituto Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliari “IsAG”), in un articolo per “Il sole 24ore” spiega come pannelli solari, pale eoliche, batterie e auto elettriche richiedano, per la loro costruzione, l’uso di decine di minerali terrestri, il cui crescente bisogno per soddisfare gli obiettivi delle politiche green porterebbe a un aumento esponenziale delle loro attività estrattive, per non parlare delle migliaia di kilowatt di energia elettrica e termica necessari alla costruzione dei vari impianti per le energie rinnovabili.

Anche la rivista di informazione scientifica Science parla dello stesso problema, spiegando come il processo di decarbonizzazione e il conseguente aumento dell’estrazione dei minerali, potrebbe non solo aggravare il problema ambientale, ma anche infierire socialmente in aree geografiche già scosse da conflitti e, appunto, da attività estrattive che hanno lasciato gravi danni alla salute pubblica, ambientale e alla biodiversità.

Sempre Science propone quindi 4 “raccomandazioni politiche” per evitare l’aggravarsi delle problematiche esistenti, nonché la nascita di nuove sfide: 

  1. Esplorare nuovi flussi di risorse. L’obiettivo primario sarebbe quello di puntare sull’efficienza delle risorse, così da aumentare il numero di prodotti realizzati per percentuale di risorsa estratta. Il consiglio, quindi, è quello di preferire il riciclaggio all’estrazione di nuovi minerali, oltre a considerare strettamente off-limits ecosistemi caratteristici e incontaminati.
  2. Incorporare i minerali nella pianificazione del clima e dell’energia. Dobbiamo renderci conto di cosa richiede il passaggio alla green economy, perciò vanno incorporate nella pianificazione del clima e dell’energia l’attività estrattiva e l’analisi costi-benefici. In questo modo potremo facilmente capire se le risorse utilizzate sono sfruttate al meglio ed essere pronti a reagire a eventuali eventi naturali che non possiamo controllare e che potrebbero creare problemi per quanto riguarda il rifornimento dei materiali richiesti;
  3. Favorire e facilitare il lavoro nelle miniere tradizionali, evitando così che aziende che utilizzano processi estrattivi meccanizzati prosciughino le risorse minerarie di un paese per poi andarsene e passare allo sfruttamento della prossima miniera. Le ASM (miniere tradizionali e su piccola scala) pur non essendo meno economiche rispetto alle attività estrattive in larga scala, né tantomeno immuni da eventuali danni ambientali o cattive gestioni, sono un ottimo modo per fornire sostentamento economico a milioni di persone, direttamente o indirettamente;
  4. Riconoscere i limiti della tracciabilità. Senza voler essere dei malpensanti, è facilmente dimostrabile come, anche se le ultime tecnologie ed algoritmi limitano modifiche e “aggiustamenti”, tutto comunque dipende dalla veridicità dei dati immessi. Occorre quindi trasparenza, raggiungibile creando accordi internazionali e linee guida politiche che possano generare fiducia tra e nelle istituzioni.

In conclusione, potremmo affermare che il passaggio ad un’economia più verde è ciò di cui abbiamo bisogno ora, ma senza una giusta gestione del processo il rischio è che sia tutto inutile.

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