Moda

Crudelia De “Mode”, la moda scalza i dalmata e si ispira ai grandi stilisti

Il 26 maggio 2021 è uscito nelle sale cinematografiche italiane la nuova e insolita versione del già celebre film avente protagonista la cattivissima, ma ora non così cattiva, Cruella de Vil (Crudelia de Mon per gli italiani). La più famosa e stilosa fashion addicted dell’universo Disney.
La prima cosa che si nota è l’evidente interesse per la moda, dagli anni cinquanta ad oggi, che costantemente viene riproposto tra i vari protagonisti e nelle scene stesse del film.

La pellicola, prima tratta dal romanzo di Dodie Smith La carica dei cento e uno, succeduto dall’omonimo film d’animazione del 1961, poi ancora con protagonista Glenn Close nel 1996, questa volta non è tanto incentrata sull’antagonismo tra Crudelia, ora interpretata da Emma Stone, e gli amorevoli dalmata, quanto sulla sua rivalità personale e lavorativa con la diva della moda della Londra degli anni settanta, la Baroness Von Hellman, interpretata da Emma Thompson.

Il film, accurato nella descrizione storica dell’epoca, mostra in questa rivisitazione una particolarissima attenzione a richiami e agganci più o meno evidenti con il mondo della moda di poco precedente agli anni settanta, contemporaneo e decisamente successivo al decennio, creando un calderone variabile di stili, vicinanze e richiami ai grandi nomi della couture a partire dagli anni cinquanta.

Partendo in ordine cronologico il primo stilista che incontriamo è senz’altro Christian Dior, col suo celeberrimo New look, che dal ’47 ha scosso le regole ferree della couture, portando poi alla moda di ampio appannaggio una nuova silhouette e un nuovo modo di sfoggiare l’abito, qui indossato dalla baronessa, esempio forse di un circoscritto, ora vecchio, modo di fare moda.

Altri designer invece ad apparire sono Martin Margiela con un abito composto da parti in giornale cartaceo vestito da Crudelia; una divisa militare di ambito reale e vistosamente pomposa e tradizionale, già riproposta in diverse salse da John Galliano e Jean Paul Gaultier; un vestito a strascico di rifiuti già visto sempre con Galliano.

Musa ispiratrice, va detto, della estetica di fondo per tutto il film, è però Vivienne Westwood, grande maestra della rivoluzione della moda a Londra, e non solo, a partire dagli anni ’70: iniziando col fenomeno punk, qui non a caso nei capelli bicromi bianco/nero della protagonista, e in diversi outfit che appaiono qua e la ma di frequente per tutto il tempo, ora in pelle, ora a quadri.

Andando in dettagli minuziosi si notano micro-espedienti di altri stilisti come il rosso Valentino; l’acconciatura rosso fuoco con caschetto di Crudelia sotto copertura, derivato dall’iconico taglio di capelli della francese Sonia Rykiel, pietra miliare della moda femminile; la scritta The future comparsale sul volto come tag spray ricorda in qualche modo Moschino di Jeremy Scott se non addirittura Viktor and Rolf.

Insomma, non si può non notare come questa pellicola sia intrisa di moda, la viva e la metta in scena, estremizzando sì le dinamiche della vita da atelier e della concorrenza tra designer, ma di sicuro un occhio e una passione per la storia, ormai del costume, siano chiari ed evidenti.

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