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Hawkeye, la recensione dei primi due episodi, il suo profilo basso potrebbe essere l’arma vincente

È finalmente arrivato il turno di Hawkeye, dopo la serie WandaVision, che ha fatto impazzire i fan e quella di Loki che ha aperto la strada definitivamente al Multiverso, la nuova miniserie dedicata a Occhio di Falco è decisamente più tranquilla, ambientata in una dimensione più gestibile (o meno ambiziosa?).

C’è un momento nel secondo episodio di Hawkeye in cui a Clint viene detto che il suo problema “è il branding”, Occhio di Falco da sempre tiene un profilo basso, un marchio molto difficile da vendere, dicono, perché la gente vuole il tipo figo, non è un segreto che Haekeye (Occhio di Falco) di Jeremy Renner sia l’Avengers meno vendibile. Ma questo non è tutto merito suo, naturalmente, Clint Barton è stato sottovalutato fin dal primo film degli Avengers e la Marvel ha lottato per capire cosa fare con lui da allora.
O meglio, fino ad ora. Sembra che la risposta per risolvere questo continuo problema sia di introdurre un nuovo Occhio di Falco, i fan dei fumetti avranno già familiarità con Kate Bishop e la relazione mentore/adolescente che esiste tra questi due eroi, ma l’arrivo di Hailee Steinfeld segna un enorme, e soprattutto benvenuto, cambiamento per il MCU in generale.
La Hailee è eccellente nel ruolo di Kate, la sua caratterizzazione non è lontana da quella di Emily Dickinson, un’altra giovane eroina coraggiosa che Hailee ha fatto sua, ma la presenza in questa serie inietta un po’ della vitalità necessaria allo show, che agisce come il perfetto contrappeso al vecchio scontroso Clint.

Quindi questa serie segna solo un cambiamento per lo più ottimo nel MCU, sulla carta, la prima uscita da protagonista di Clint sullo schermo fa quello che tutti gli altri show Disney+ fanno per gli eroi Marvel, cioè espandere le storie dei personaggi minori che non hanno avuto abbastanza tempo sul grande schermo. Così, nei primi due episodi che abbiamo visto, Hawkeye affronta finalmente alcune caratterizzazioni chiave che sono mancate fino ad ora, compresi i suoi problemi di udito, il modo in cui è spesso trascurato a favore dei suoi colleghi con i superpoteri, e più cruciale di tutti, il senso di colpa che deriva dal suo periodo come Ronin.

Tutto ciò è fantastico, ma quello che lo show ancora non riesce a fare è renderlo interessante nel giusto modo, almeno teoricamente, ovvero rendere Hawkeye un eroe molto più entusiasmante. Questo è particolarmente spiacevole dato che i fumetti sono riusciti a fare esattamente questo con la leggendaria run di Matt Fraction del 2012, qualcosa a cui lo show si ispira molto.
Combinate questo con gli incessanti richiami di Hawkeye alla Battaglia di New York, e a volte, sembra quasi che la serie appartenga semplicemente al 2012, questa non vuole essere necessariamente una nota negativa, è solo che sembra un po’ troppo fissato sugli eventi del primo film degli Avengers, il che evidenzia ulteriormente quanto tempo ci sia voluto perché Jeremy Renner ricevesse finalmente la sua parte in un’avventura tutta sua.

Con il passare del tempo, il MCU è diventato quasi impenetrabile come i fumetti stessi, almeno in termini di backstory e il puro peso della continuità, quindi sì, è piacevole vedere due persone non dotate di superpoteri che si scatenano in modo relativamente “normale” a New York nel periodo natalizio e naturalmente impossibile non citare Lucky il cane pizza, un assoluto protagonista.

Occhio di Falco spera in una vita tranquilla dopo i casini che ha combinato negli ultimi anni, si trova a New York con i suoi figli, si divertono e fanno cose meravigliosamente natalizie prima di rimandarli dalla madre promettendogli di raggiungerli per Natale, tra sei giorni. Ahimè, ha fatto i conti senza la storia della giovane Avengers Kate Bishop, iniziata nel 2012 quando ha osservato con stupore le prodezze di un certo tiratore esperto. Chiede a sua madre un arco e una freccia e quando la incontriamo nel presente, è una tiratrice professionista, oltre a essere abile in tutte le arti marziali, insomma le manca solo il costume giusto…
Kate segue Jack Duquesne (Tony Dalton), il nuovo inquietante fidanzato di sua madre (il suo amato padre è stato ucciso nell’attacco del 2012) a un’asta di beneficenza al mercato nero in uno scantinato. Non appena un certo vestito indossato da un certo Avengers nella sua fase Ronin viene messo all’asta, la cantina subisce un attacco, per ragioni che non sono chiare. Kate ruba l’abito e si tuffa nella mischia per salvare Jack e il suo altrettanto raccapricciante zio Armand (un cameo di Simon Callow).

Fuori, però, la tuta di Kate attira i nemici di Ronin e in poco tempo Occhio di Falco deve salvarla. Il secondo episodio vede Occhio di Falco – che spesso implora la gente di chiamarlo “Clint” – rintracciare il vestito e, senza volerlo, stabilire un rapporto con la sua nuova apprendista arciere.
Vediamo poi una parte di perfezionamento, dove Clint inizia a dare i rudimenti alla giovane inesperta, oltre ovviamente alla scoperta di una cospirazione criminale. Nel complesso non è troppo vivace, sicuramente la storia non è innovativa, ma è abbastanza abile da tenerci incollati per scoprire quello che succederà nei restanti quattro episodi. Soprattutto perché siamo ancora in attesa dell’arrivo di Florence Pugh come Yelena Belova e Alaqua Cox come Maya Lopez/supereroe Echo che aspettiamo con ansia. La chimica – sia dal punto di vista comico e non solo – tra Renner e la Steinfeld è interessante. Renner ha fatto carriera nell’essere sempre il secondo, quello poco carismatico sul grande schermo. La trasposizione sul piccolo schermo si adatta bene a lui e alla sua presenza e forse è quello che lo rende divertente (per la prima volta). Quando viene rapito dai sicari (e tenuto in un’area giochi per bambini abbandonata invece che in un magazzino – sono stati tutti convertiti in appartamenti, spiegano i suoi rapitori), chiede se può parlare con il loro manager. Il tutto risuona particolarmente comico proprio perché il suo atteggiamento è il solito: stanco, annoiato ed estremamente tranquillo che, in contrapposizione con l’atmosfera poco rassicurante, rende tutto estremamente credibile.
Ma è la Steinfeld che domina, è capace di trasmettere gli aspetti da adolescente frustrata di Kate – le scene in cui si trova spettatrice inorridita e impotente davanti alla relazione di sua madre (Vera Farmiga) con Jack, restituisce tanto bene le emozioni quanto le sequenze di azione. Se la trama non è all’altezza – quel poco che succede nei primi due episodi è irregolare e piena di buchi che speri solo vengano colmati con gli episodi a venire – viene invece pienamente appagata dai personaggi che sono credibili e valgono a pieni voti l’attesa per le settimane a venire.

Hawkeye non è un ancora uno show clamoroso, ma colpisce abbastanza bene il punto e incuriosisce esattamente dove serve.

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