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Questo post è stato rimosso, quando il moderatore di contenuti social ha una vita “smodata”. Recensione

Questo post è stato rimosso, romanzo edito da Mondadori e scritto da Hanna Bervoets è un romanzo breve molto inquietante che ci mette di fronte a uno specchio mostrandoci quanto siamo abituati dall’uso smodato dei social e allo stesso tempo ci svela un mondo di cui si parla poco ma che esiste, quello dei moderatori di contenuti social, figure anonime ficcate in un cubicolo che hanno il solo compito di visionare continuamente i contenuti postati da noi utenti e valutare se possono restare online oppure no.

Il racconto potrebbe tranquillamente essere un film per la forte capacità visiva e per le immagini che rimangono impresse nella mente e non mi stupirei affatto se da qui a un anno comparisse in sala la trasposizione di questo romanzo. Devo dire che dal primo momento ho subito associato la storia di Questo post è stato rimosso a Tutta la vita davanti, film di Paolo Virzì che racconta il precariato negli anni 2000 servendosi delle vicende ci un call center.

Bervoets decide di raccontare la storia dal punto di vista della protagonista che sua volta narra i fatti a un avvocato che non interviene mai, di fatto non esiste, egli è un personaggio muto, il ricevente della storia, come noi. La protagonista racconta sostanzialmente le condizioni di vita disumane e le sue relazioni all’interno e all’esterno del luogo di lavoro.

La prima cosa alla quale si pensa è tutta la violenza che i moderatori devono vedere e sostenere ogni giorno e la riflessione intorno a questa domanda è molto semplice: tutta questa violenza può avere delle conseguenze sulla vita del moderatore stesso? A quanto pare nella vicenda dei protagonisti di questo racconto, di cui ci dimentichiamo presto i nomi perché sembrano più che altro dei fantasmi, la violenza cui sono continuamente sottoposti ha una certa influenza sulle loro vite e poco alla volta scopriremo perché.

Allora cosa hai visto?

È la domanda con cui inizia il romanzo, la protagonista Kayleigh se la sente ripetere continuamente e oggi che ha lasciato il lavoro da un po’ e lavora in una biblioteca sta raccontando tutto a un avvocato. Deve essere successo qualcosa di grave, ma cosa? Lo scopriremo nel corso della lettura in quello che sembra a tutti gli effetti un thriller.

La Hexa per cui lavora Kayleigh non consente molti sbagli, non ci sono molte pause e soprattutto non si può tenere il proprio telefono con sé, oppure carta e penna per prendere appunti o memorizzare altri contenuti che passano di lì. Kayleigh inizialmente è spaesata ma poi inizia a fare amicizia con un gruppo di persone e tra queste c’è la ragazza di cui si innamora e con cui avrà una relazione.

Lo stress traumatico secondario causato dall’esposizione prolungata a immagini scioccanti può portare a depressione, disturbi d’ansia e pensieri paranoici queste sono le cose che possono capitare e sulle quali la protagonista prende coscienza solo dopo molti mesi di lavoro alla Hexa.

Con il passare del tempo Kayleigh e i suoi amici – colleghi iniziano a cambiare, non solo negli atteggiamenti ma anche nella visione delle cose. Teorie pazze e assurde come il terrapiattismo iniziano a diventare pensieri radicati per qualcuno di loro, la ragazza di Kayleigh inizia ad andare lentamente in depressione e questo fa letteralmente sbroccare la protagonista.

Tutto si svolge in un vortice di situazioni che ci arrivano come un fiume in piena e ci portano al risultato che i social distorcono molto, forse troppo, la percezione che abbiamo del mondo e il nostro modo di relazionarci.

Bervoets ci mette di fatto di fronte a uno specchio e ci dice chiaramente, senza mezze misure che cosa siamo diventati. Il quadro generale dell’essere umano che ne traspare è quello di un branco di bestie in cattività, ma non solo i moderatori, perfino gli stessi utenti dei social.

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