Napoli è per la quarta volta “città-libro” con Campania Libri Festival 2025

Palazzo Reale di Napoli – Campania Libri Festival PH_Salvatore_Pastore

Dal 2 al 5 ottobre, Palazzo Reale e la Biblioteca Nazionale di Napoli sono diventati il fulcro di un’esperienza culturale che, più che una semplice fiera dell’editoria, ha voluto essere un laboratorio aperto sul presente e sul futuro del libro in Italia. La quarta edizione del Campania Libri Festival – La fiera dell’editoria ha registrato oltre 33.000 visitatori in quattro giorni, con un’ampia presenza di giovani e studenti.

Non si tratta semplicemente di un risultato in termini di numeri, ma la dimostrazione che a Napoli esiste una tensione culturale viva, talvolta anche controcorrente. In una stagione segnata da proteste, conflitti internazionali e fermenti sociali, il Festival non si è sottratto all’urgenza del discorso pubblico e al definire la cultura come baluardo di conoscenza e libertà.

L’edizione 2025, intitolata “Il segno dei quattro”, ha manifestato fin dal principio l’ambizione di un orizzonte molteplice: quattro giorni, quattro punti cardinali della cultura, quattro curatori/testimonial (Viola Ardone, Antonella Cilento, Diego De Silva e Silvio Perrella) chiamati a dare voce a percorsi tematici propri. Tra i filoni più battuti vi sono stati la traduzione, la geopolitica, la spiritualità, la poesia. È tornato anche il ciclo dedicato alle donne “Eretiche”, una scelta che conferma la volontà del Festival di puntare su marginalità, dissentimento, pluralismo.

I luoghi scelti non sono stati solo palcoscenici statici: gli spazi del Palazzo Reale, con i cortili storici e le sale interne, si sono intrecciati con quelli della Biblioteca Nazionale Vittorio Emanuele III e con il giardino romantico, che nelle giornate centrali ha dato respiro agli stand fieristici esterni, aprendo prospettive visuali su Castel Nuovo. Una novità affascinante è stata l’Isola della libertà, concepita dal direttore artistico Ruggero Cappuccio con il maestro Mimmo Paladino, destinata a diventare uno spazio narrativo in cui i lettori sono invitati a raccontare il libro che ha segnato una svolta nella loro vita.

Tra fervore pubblico e scenari politici: l’ombra delle manifestazioni

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Che un festival letterario potesse tenersi, in questi giorni, fuori dalla cortina dell’attualità sembrava impossibile. Le manifestazioni pro-Gaza, con la loro intensità e carica simbolica, hanno inevitabilmente fatto da sfondo agli incontri e ai dibattiti. Giornalisti e autori intervenuti hanno affrontato temi cruciali, uno su tutti, il destino della democrazia, sfociando poi in discorsi sul rapporto fra guerra e scrittura, il ruolo della cultura in tempi di disordine. Nel corso dell’ultima giornata.

È inevitabile che, in un’Italia attraversata da tensioni, anche un festival del libro diventi arena politica — non per scelta accidentale, ma per vocazione intrinseca della stessa organizzazione. In questo senso, il Campania Libri 2025 non ha ceduto alla neutralità che si è vista in altri contesti, anche televisivi, ma ha provato a modellare uno spazio di pensiero.

Ospiti e momenti di rilievo

Il programma, fitto e ambizioso, ha chiamato autori italiani e internazionali: Mircea Cărtărescu è fra i nomi più attesi, insieme a Elisabeth Åsbrink, Richard Ford, José Luis Sastre, Oliver Guez, oltre a scrittori italiani come Andrea Bajani, Wanda Marasco, Laura Imai Messina e molti altri. Nell’ultima giornata si sono succeduti vari appuntamenti degni di nota, con ospiti come Alae Al Said ed Emanuele Trevi, interventi su temi di scrittura e memoria.

Durante il Festival è stato presentato il Rapporto di valutazione degli impatti sociali, culturali ed economici di Procida Capitale Italiana della Cultura 2022, un documento che ha restituito dati utili a misurare la trasformazione del territorio a seguito di un titolo culturale.

Uno dei punti più interessanti dalla direzione è stato il coinvolgimento dei più giovani che hanno ricevuto 2.000 buoni libro da 5 euro spendibili negli stand del Festival intesi come cifra simbolica volta anche ad abbattere barriere economiche e sensibilizzare gli studenti campani alla lettura. I laboratori, i percorsi Kids & Young Adult, le attività nelle scuole hanno puntato a trasformare la dimensione del festival in un’esperienza diffusa, non confinata solo ai frequentatori “storici” di eventi culturali.

Qual è il “segno” lasciato dal Festival?

Alla fine, “Il segno dei quattro” non sembra soltanto uno slogan: è un invito implicito a guardare alla cultura con pluralità di sguardi. Quattro direzioni che insieme provano a tratteggiare una piazza letteraria che non chiude il libro, ma lo apre al conflitto, al confronto, al nodo strade dove si incrociano identità diverse. Mentre Napoli si richiude al silenzio del dopo festival e i quartieri tornano al quotidiano, restano i libri scelti, le parole ascoltate, le connessioni avviate. Al quarto anno all’attivo di Campania Libri, la speranza è che questo evento possa crescere sempre di più, diventando tra i più importanti eventi editoriali nazionali, provando a non ripetersi e riuscendo anno dopo anno ad offrire una proposta culturale valida.

Quest’anno il Festival ha confermato la sua forza attrattiva e la capacità di trasformare Napoli in un laboratorio culturale aperto, anche se — rispetto alle edizioni precedenti — qualcuno ha notato una presenza meno variegata di editori e stand espositivi. Nulla che ne mini il valore complessivo, ma un segnale su cui forse riflettere, nell’ottica di una crescita che non sia solo di pubblico ma anche di pluralità editoriale. Perché la vera sfida, per il Campania Libri, sarà proprio questa: continuare a crescere restando fedele alla sua vocazione di spazio inclusivo, capace di dare voce non solo ai grandi nomi ma anche alle realtà indipendenti, alle storie minori, ai lettori curiosi che da quattro anni rendono viva la sua piazza.