Cloud seeding: la pioggia artificiale negli Emirati Arabi non è una novità

Ognuno di noi almeno una volta nella vita ha sentito dire “Un giorno le macchine voleranno”, ma pochi hanno pensato che l’uomo sarebbe stato in grado di controllare anche i cieli decidendo quando far piovere. E invece, oggi, abbiamo il cloud seeding.

Da qualche giorno sta facendo scalpore la notizia che gli Emirati Arabi Uniti stanno utilizzando dei droni per creare una pioggia artificiale che possa dar sollievo al caldo torrido di Dubai. Effettivamente, i video rilasciati dal Centro Nazionale di meteorologia degli Emirati Arabi Uniti, ci mostrano grandi acquazzoni che hanno colpito, sorprendentemente, un paese conosciuto per essere caldo e arido. Lo stesso Centro ha dichiarato che le precipitazioni non sono del tutto naturali ma sono state indotte da una tecnica chiamata cloud seeding, la cosiddetta semina delle nuvole, una tecnologia che sfiora i limiti della fantasia: tutto è svolto da degli aerei e droni che, passando nelle nuvole, rilasciano scosse elettriche in grado di generare forti precipitazioni. Ma rendere le goccioline d’acqua all’interno delle nuvole abbastanza pesanti da farle arrivare alla superficie sotto forma di pioggia e abbassare temperature bollenti, non è operazione a buon prezzo al mercato del meteo: come riporta Il Giornale il costo previsto per il cloud seeding negli Emirati Arabi è di 35 milioni di euro.

cloud seeding

Se questa notizia ha fatto pensare fin dove, oggi, siamo arrivati a controllare la natura, vi stupirà ancora di più sapere che si tratta di una tecnica già utilizzata anni fa e che, non avendo avuto la visibilità degli Emirati Arabi, è passata un po’ inosservata, nonostante fosse sotto gli occhi di molti. Già nel 2008 la Cina si è preoccupata di non far bagnare il proprio pubblico e gli atleti per le olimpiadi di Pechino: per evitare di dover aprire l’ombrello alla cerimonia di apertura, i meteorologi cinesi si sono messi a lavoro dal 2006 modificando il clima su piccole aree garantendo riparo dalla pioggia sopra lo stadio olimpico che mancava di un tetto. Ai tempi, Fox News aveva visitato i signori del meteo cinese, che erano serviti di “4000 lanciarazzi, 7000 cannoni antiaerei e 30 aerei per far sparire le nubi atmosferiche”, ma nonostante questo, lo stesso ufficio di controllo del clima, non aveva la totale sicurezza di trionfare sulla natura.

Ma vigilare sulla natura oggigiorno si rivela essere un obiettivo sempre meno utopico, e tra coloro che non hanno intenzione di rinunciare al totale controllo, spicca l’agenzia di matrimoni Oliver’s Travels, che offre ai suoi clienti pacchetti all inclusive di location, cibo, bevande, servizio e giornata di sole. Nella loro pagina ufficiale si legge: Siamo orgogliosi e ed entusiasti di essere in grado di offrire un servizio esclusivo di “esplosione delle nuvole” ai nostri clienti, garantendo al 100% bel tempo e cieli sereni per quando ti sposerai!”
È evidente che oltreoceano abbiano poca fede nel detto “Matrimonio bagnato, matrimonio fortunato”, così l’agenzia Oliver’s Travels ha trasformato il suo personale in “weather planner”: grazie alla collaborazione con un team di piloti e meteorologici che per le tre settimane precedenti alla data delle nozze “utilizzano particelle di ioduro d’argento per condensare il vapore acqueo dalle nuvole in pioggia”, l’agenzia garantisce “al 100%” ai neo sposi, foto di nozze con sfondo a ciel sereno.

Il cloud seeding può avere quindi i più disparati obiettivi: garantire un matrimonio soleggiato, combattere la siccità, aiutare a far crescere i raccolti o tutelare la riuscita di eventi importanti a livello mondiale. Non sono ancora noti gli effetti a lungo termine, e anche se dovessero essere inesistenti a livello climatico, forse nel tribunale della coscienza vien da chiedersi quanto sia corretto possedere il cielo fino ad avere pieno potere sulle sue attività. Ma soprattutto: arriveremo e non avere più il beneficio del dubbio? Controllare il cielo lascia spazio all’idea che un giorno smetteremo di osservare fuori dalla finestra e di pensare “Non si sa mai, prendo l’ombrello”.