Bugonia di Yorgos Lanthimos, una storia ironica, grottesca e inquietante come solo lui sa fare | In concorso a Venezia 82
Yorgos Lanthimos torna in concorso a Venezia dopo aver vinto il Leone d’oro con il suo Poor Things nel 2023 e questa volta lo fa con una storia ironica, grottesca e inquietante come solo lui sa fare.
Il nuovo film di Yorgos Lanthimos si muove tra complottismo e apocalisse in un’America dell’entroterra molto influenzata da teorie sugli alieni e sull’estinzione della razza umana per mano di questi ultimi. I protagonisti sono i due attori feticcio di Lanthimos, Emma Stone e Jesse Plemons rispettivamente nei panni di un’amministratrice delegata di una grande multinazionale e un complottista convinto che la donna sia un’aliena a capo di un esercito pronto a distruggere la razza umana.
Teddy (Plemons), questo il nome del protagonista, operaio e apicoltore convince suo cugino Don (Aidan Delbis) a rapire e torturare Michelle (Stone), donna in carriera forte e indipendente che i due credono sia un’aliena.
Rispetto ai suoi precedenti film quest’ultimo si presenta con un look e una narrazione più realistici, senza troppi giochi di macchina e di regia, come un normale film sul rapporto tra vittima e carnefice nel contesto di un rapimento. Le convinzioni di Teddy su mondi alieni alla terra e sulla possibilità di essere eliminati dal pianeta terra vengono raccontate per tutto il film come una barzelletta. Tutto è grottesco e ironico fin dal principio tanto da convincerci che quanto stiamo osservando sia una sorta di parodia di un certo tipo di persone, tipo i terrapiattisti, i fautori delle teorie sugli alieni e i complottisti in generale.
Ma questo è un film di Lanthimos e quindi dobbiamo aspettarci gli effetti sorpresa e i plot twist.
Lanthimos: lasciate ogni certezza
Nel corso della visione l’atmosfera del film supera il grottesco e si incrina: ciò che sembrava pura follia di un complottista si tinge di inquietudine, e la barriera tra realtà e paranoia inizia a vacillare. Michelle non è più soltanto una vittima: la sua calma, i suoi silenzi e il suo sguardo quasi “disumano” insinuano il dubbio che Teddy non sia del tutto fuori strada. Lanthimos si diverte a manipolare lo spettatore, spostando continuamente l’ago della bilancia tra verità e delirio, fino a rendere impossibile distinguere l’una dall’altro.
La messa in scena, volutamente asciutta e realistica, amplifica l’ambiguità: se in The Lobster o Poor Things l’eccesso visivo e concettuale creava un mondo altro, in Bugonia la vicenda si colloca in un’America riconoscibile, quasi banale, dove la violenza domestica e la follia quotidiana si mescolano al mito dell’invasione aliena. È proprio questo contrasto a rendere il film disturbante: l’assurdo nasce dal quotidiano, non dal fantastico. E potenzialmente potrebbe accadere qualcosa del genere nella vita di chiunque.
Emma Stone conferma la sua straordinaria intesa con il regista, costruendo un personaggio enigmatico che oscilla tra fragilità e minaccia. Jesse Plemons, con un inedito fisico asciutto e lo sguardo smarrito costruiti ad hoc per dare l’idea di un personaggio malato sia dentro che fuori, offre una delle sue interpretazioni più intense, trasformando Teddy in una figura insieme ridicola e tragica.
Un film disturbante che dice la verità su chi siamo
Lanthimos dà conferma di aver un particolare interesse verso la questione dell’evoluzione dell’essere umano e della sua possibile estinzione o trasformazione. Del resto più volte attinge dalla mitologia greca per raccontare tutto questo e Bugonia è un film disturbante che ancora una volta ci mette di fronte alla fragilità della nostra specie. Non importa se Michelle sia davvero un’aliena o soltanto una donna intrappolata nelle paranoie di due uomini: ciò che resta è l’orrore di un mondo in cui realtà e fantasia si confondono fino a diventare indistinguibili. E, ancora una volta, Lanthimos ci ricorda che la vera violenza non arriva dallo spazio, ma dagli uomini stessi.