Mother di Teona Strugar Mitevska apre la sezione Orizzonti di Venezia 82
Chi era Madre Teresa di Calcutta prima di diventare una delle donne più famose e rivoluzionarie del suo tempo?
Il film di Teona Strugar Mitevska cerca di rispondere a questa domanda ma soprattutto di focalizzare l’attenzione sul tema dell’aborto e su quanto un dilemma simile, se sia giusto o sbagliato abortire possa scuotere la coscienza e la fede di una persona come Madre Teresa.
La regista ha scelto di raccontare questa figura, non semplice, non nel suo momento di massima fede e gloria ma in una cruciale fase di transizione della sua vita, quando a 37 anni era in attesa di sapere se il Vaticano le avrebbe approvato la richiesta di creare un ordine monastico tutto suo che le consentisse di andare fuori nel mondo e aiutare i bisognosi.
Non è casuale la scelta del titolo poiché la “madre” a cui ci si riferisce non è solo Madre Teresa, ma lo stesso concetto più ampio di madre e quindi di maternità: cosa vuol dire essere madre? A tal proposito nella storia viene inserita la questione dell’aborto e attraverso questo problema ci viene svelato un carattere molto forte ma anche molto rigido di Teresa, che in base alle testimonianze raccolte dalla regista, non sarebbe stata la dolcezza in persona. Nonostante ciò il suo senso materno era molto forte e devoto alla cura del prossimo e ciò faceva di lei la persona che l’opinione pubblica ha conosciuto.
Un film plastico e pittorico
Dal punto di vista narrativo questo film è molto interessante, ma lo è ancora di più dal punto di vista fotografico e registico. In più di un’occasione sembra di guardare dei quadri di Antonello da Messina e c’è una precisa inquadratura che ricorda molto l’Annunciata di Palermo (ulteriore riferimento alla maternità se si pensa che l’annunciazione riferiva dell’arrivo di un figlio). Questi dettagli conferiscono al film una dimensione molto poetica e ieratica. Il volto di Noomi Rapace ci viene raccontato da molto vicino con primi piani stretti che sembrano volerci mostrare i suoi pensieri, in aggiunta alla perfetta interpretazione. Lei è Madre Teresa. I primi piani e i momenti statici, o per meglio dire di preghiera e ritualità non sono pochi, pertanto il film non ha un ritmo veloce, ma in alcuni momenti di sospensione dalla realtà si è scelto di inserire musica hard rock.
Una soluzione epica e straniante messa in pratica più volte da diversi altri registi, in particolare nella Maria Antonietta di Sofia Coppola. L’effetto piace, sorprende e procura uno straniamento, tanto più se si associa una certa musica e una certa sacralità. Di fatto la Madre Teresa di Mitevska è dissacrata e messa davanti alla sua umanità, ma soprattutto davanti alla sua “cattiveria”, insomma non era una santa. O meglio prima di diventarlo ha dovuto affrontare diverse prove.
Ombre e luci di un’icona
Il film non costruisce un’agiografia, ma un ritratto in chiaroscuro. La Madre Teresa che emerge sullo schermo non è ancora la figura universalmente riconosciuta, bensì una donna attraversata da dubbi, rigidità e scelte difficili. Proprio per questo appare più umana, più fallibile, e allo stesso tempo più vicina allo spettatore. Mitevska non la idealizza: la mette di fronte alle contraddizioni della fede e della coscienza, restituendo un’immagine complessa e a tratti scomoda.
Questa prospettiva, coraggiosa e controcorrente, rende Mother un film destinato a dividere ma anche a stimolare un confronto. Portare sullo schermo una delle figure più iconiche del Novecento senza indulgere alla santificazione significa accettare il rischio di scalfire un mito, per sostituirlo con la forza del dubbio. Una scelta che, nel contesto di Venezia 82, assume il valore di una provocazione necessaria, soprattutto considerata l’aperta riflessione sulla maternità e sulla volontà della donna di essere proprietaria del proprio corpo.