Duse di Pietro Marcello, in concorso a Venezia 82 ha il volto di Valeria Bruni Tedeschi

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La grande diva del teatro internazionale, Eleonora Duse (Valeria Bruni Tedeschi) raccontata nel viale del tramonto della sua carriera e della sua vita. Un intreccio di storia, memoria e resistenza femminile. Eleonora Duse torna in scena non per nostalgia, ma per affermare la sua arte come forma di verità e libertà.

Presentato in Concorso alla 82ª Mostra del Cinema di Venezia, Duse è diretto da Pietro Marcello e interpretato da Valeria Bruni Tedeschi nel ruolo dell’attrice teatrale Eleonora Duse, il film racconta gli ultimi anni della sua carriera, tra fragilità fisica e mutamenti storici profondi. La storia si apre, infatti, all’indomani della Grande Guerra e prosegue fino all’avvento del Fascismo e del declino del Paese verso le nubi della Seconda Guerra Mondiale.

Marcello non mette in scena un biopic tradizionale: nella narrazione troviamo immagini d’archivio, recitazione, poesia e un racconto corale che attraversa la memoria italiana. La Duse con il volto di Valeria Bruni Tedeschi è dramma allo stato puro, ma anche passione, dolore, recitazione e amore per la vita e la libertà in un corpo provato dagli anni e dal tempo. Il regista lavora per suggestioni visive che affiorano all’interazione tra interpretazione, storicità e affetti, evitando strade convenzionali

La Bruni Tedeschi non interpreta Duse: letteralmente le ridà la vita. Negli occhi e nella postura c’è la storia dell’arte del teatro e dell’Italia stessa. La sua presenza è una mescolanza di forza e dissolvenza, che rende tangibile la tensione tra arte e tempo. Accanto a lei un cast raffinato: Noémie Merlant, Fausto Russo Alesi, e altri, che costruiscono attorno una dimensione corale e sensibile.

Politica della forma e memoria

Attraverso un montaggio che mescola fiction e frammenti storici, Marcello mostra l’immagine immortale della grande attrice, emblema di arte e bellezza sullo sfondo di un’Italia nera all’alba del secondo conflitto mondiale. Tutto ciò sembra chiedere: “c’è ancora posto per l’arte e la libertà alla fine del mondo?”. Il film diventa un atto politico, in un certo senso attuale, se consideriamo i recenti avvenimenti mondiali.

Eleonora Duse combatte contro l’invisibilità imposta dal tempo e dal potere, e lo fa con le parole e la presenza scenica, imponendosi e ancorandosi più possibile alle tavole del palcoscenico. La grande attrice si trova anche a dover combattere con la salute cagionevole. Tutti questi elementi insieme raccontano la Duse umana, più che divina, in un’istantanea sulla storia e sul mondo del teatro.

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Tra memoria storica e reinvenzione poetica

In questo equilibrio tra memoria storica e reinvenzione poetica, Duse non si limita a ritrarre una diva immortale, ma la restituisce come donna vulnerabile e irriducibile, capace di incarnare l’arte come gesto di libertà. Pietro Marcello costruisce così un film che è tanto un atto d’amore verso il teatro quanto un riflesso sull’oggi: davanti a un mondo che sembra ripetersi nelle sue ombre, la voce e il corpo della Duse riaffermano che l’arte resta una forma di resistenza, un modo per non soccombere al tempo e alla Storia.

Con la forza visiva che lo contraddistingue, Marcello costruisce un affresco in cui realtà e finzione si intrecciano fino a confondersi, trasformando la vicenda personale della Duse in un racconto universale. Non è solo la cronaca degli ultimi anni di un’attrice, ma una riflessione sulla fragilità e sulla potenza dell’arte, sulla capacità di un corpo e di una voce di attraversare il tempo. In questo senso, Duse diventa un’opera sul lascito e sulla memoria, un film che interroga lo spettatore e lo invita a chiedersi quale spazio resti oggi alla verità e alla libertà dell’espressione artistica.