Die, My Love: il film di Lynne Ramsay che trasforma la maternità in un abisso emotivo

Presentato alla Festa del Cinema di Roma, un ritratto disturbante e poetico sull’amore, la follia e l’identità femminile
Alla Festa del Cinema di Roma 2025, il nuovo film di Lynne Ramsay ha sconvolto e ipnotizzato il pubblico. Die, My Love è un’opera brutale e visionaria, che scava nel cuore della maternità e della solitudine, raccontando l’inquietudine di una donna prigioniera dei propri sentimenti più oscuri.
La regista scozzese, nota per film intensi come È solo la fine del mondo e Hai mai visto Firework?, torna con una storia che unisce bellezza visiva e devastazione interiore, confermandosi come una delle voci più radicali e liriche del cinema contemporaneo.
Tratto dall’omonimo romanzo di Ariane Dreyfus, Die, My Love segue una giovane madre che vive isolata in una casa di campagna con il marito e il figlio piccolo. La sua mente, però, è un campo di battaglia: un luogo in cui amore e rabbia, desiderio e colpa si intrecciano fino a diventare indistinguibili. Ramsay affronta il tema della depressione post-partum con un linguaggio visivo che non concede tregua, tra immagini febbrili e suoni che pulsano come un cuore ferito.
Il film non offre spiegazioni né soluzioni: è un flusso emotivo che travolge, una confessione che alterna dolcezza e violenza, come un respiro interrotto.
L’amore come prigione
Al centro del film c’è l’interpretazione magnetica di Jennifer Lawrence, che abbandona ogni glamour per incarnare una donna spezzata, intrappolata tra la maternità e il desiderio di fuga. La sua performance è fisica, vulnerabile, quasi animalesca: il corpo diventa il campo di battaglia della mente, la pelle il confine tra il reale e l’incubo.
Ramsay racconta la maternità non come dono, ma come condanna silenziosa. Ogni gesto quotidiano — un biberon, una carezza, una finestra aperta — si trasforma in minaccia. La macchina da presa rimane incollata al volto della protagonista, catturando l’alternarsi di tenerezza e terrore, fino a renderci complici del suo dolore.
Il film non cerca empatia, ma verità. E la verità, in Die, My Love, è scomoda, sporca, quasi insopportabile. L’amore diventa un’illusione tossica, un riflesso deformato di sé stessi, una bugia che brucia fino all’osso.

La potenza visiva di Lynne Ramsay
La regia di Lynne Ramsay è un esercizio di precisione e furia. Ogni inquadratura è pensata come una ferita aperta: la luce entra come un coltello, i colori esplodono e si spengono in un continuo alternarsi di calma e tempesta. La fotografia alterna il calore della campagna alla freddezza del delirio mentale, restituendo la sensazione di un mondo che si sfalda sotto i piedi della protagonista.
La colonna sonora, fatta di respiri, bisbigli e suoni distorti, amplifica la sensazione di essere intrappolati nella mente della donna. Ramsay costruisce un film sensoriale, quasi ipnotico, in cui ogni elemento tecnico diventa parte di un’esperienza emotiva totale.
Die, My Love è una delle opere più potenti e disturbanti di questa stagione cinematografica. Un film che non fa sconti, che guarda negli occhi la follia e la trasforma in poesia. Lynne Ramsay firma un capolavoro sull’amore e sulla perdita del sé, un grido soffocato che resta addosso come una cicatrice.
Dopo la proiezione a Roma, resta la certezza di aver assistito a qualcosa di raro: un film che non si limita a raccontare il dolore, ma lo fa vivere sulla pelle di chi guarda.
