Viva MOMIX Forever. Racconto di un’emozione al Bellini di Napoli

Il 6 gennaio è il giorno ufficiale di chiusura delle vacanze Natalizie, quello che si trascina lento verso la malinconia e l’apatia del rientro a lavoro, segnato fin dal suo inizio dalla pesantezza di gennaio, a mio avviso tra i più faticosi mesi dell’anno.

Questo 6 gennaio 2019 è stato, al contrario, un giorno speciale al Teatro Bellini di Napoli perché ha avuto luogo l’ultima replica di Viva MOMIX Forever, spettacolo celebrativo dei 35 anni di attività della compagnia di ballerini e atleti di Moses Pendelton, regista e coreografo ex sciatore e già fondatore nel 1971 con Jonathan Wolken di Pilobolus Dance Theatre che aprì i battenti il 10 giugno 1980. Pendelton si è sempre distinto per la combinazione di danza e acrobatismo.
Lo spettacolo è nato appunto nel 2015 e raccoglie alcune tra le più suggestive e significative coreografie che in questi anni hanno calcato le scene di tutto il mondo, più due coreografie create appositamente per la celebrazione.
Uno spettacolo che vuole “far ricordare” a chi aveva già avuto la fortuna di vedere i MOMIX esibirsi e “scoprire” a chi si accosta a questa esperienza per la prima volta.

In platea era presente un pubblico variegato che copriva diverse fasce di età anche fra i giovanissimi che hanno molto apprezzato la successione dei diversi numeri di danza eseguiti in uno spettacolo mai noioso di 95 minuti.

Ciascun numero di danza costituiva una storia a sé e i corpi dei danzatori interagivano con elementi di scena su fondali e giochi di luce che creavano, di volta in volta, una suggestione diversa.
Lo spettatore è stato accompagnato in un viaggio intorno al mondo che, allo stesso tempo, ha saputo dire molto della storia dell’uomo.
Vi sono alcuni archetipi fondamentali come Eros e Thanatos che ritornano più volte nella narrazione mettendo al centro l’uomo, prima di tutto come corpo vivo e poi come anima che è misura di tutto e agisce nel mondo in cui vive influenzandone e modificandone gli spazi.

Ciascuno di questi momenti ha racchiuso in sé una storia autonoma che, collegata alle altre, costituisce il racconto dell’essere umano nel mondo con riferimenti molto attuali.
Per esempio, in uno di questi numeri, i danzatori eseguono delle variazioni con lunghe strisce di carta bianca su cui la luce proietta delle scritte. Alla fine tutti i ballerini si uniscono in un corpo unico e si avvolgono con la carta fino a comporre una sorta di scultura che li sommerge completamente e li rende invisibili, eccetto una figura femminile in cima.
Una scena simile fa pensare a modelli artistici come per esempio La zattera della Medusa di Delacroix e da lì a un’immagine assai meno piacevole come i barconi dei migranti che negli ultimi tempi sono purtroppo oggetto di accesi dibattiti politici.

Un altro numero eseguito da una sola ballerina su di una grande superficie specchiata e inclinata ha rimandato invece al rapporto con se stessi. Nei movimenti di quella figura e del suo doppio ci si è aperti a una riflessione sull’inconscio e sugli studi di Freud relativi alla tripartizione dell’individuo in Io, Es e Super- io.

Questi sono solo alcuni dei diversi momenti dello spettacolo che hanno dato luogo a riflessioni profonde ma, allo stesso tempo, superficiali (qui nella sua accezione di termine contrario) che hanno saputo intrattenere un pubblico ampio.

Pertanto di fronte a un livello di performance così alto risulta difficile definire questo articolo una recensione, poiché sarebbe riduttivo e non veritiero. Si tratta appunto del racconto di un’emozione, quella che il pubblico ha vissuto in più forme grazie alla compagnia di Pendelton.

Poche volte nella vita si può dire di aver visto le emozioni umane e la stessa vita messe in scena con il linguaggio della danza, senza la necessità della parola. Questo rende ancora più eccezionale lo spettacolo in un’epoca storica in cui le parole sono anche troppe.
Complessivamente Viva MOMIX Forever si può definire un percorso onirico collettivo, di sogno si può parlare, nel caso di Pendelton, dal momento che egli stesso viene definito un “dream catcher”.