I Roses, il dramma familiare che strega e devasta: un film sull’amore che marcisce e non muore mai

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Un cast straordinario, una regia raffinata e una sceneggiatura velenosa: il nuovo film di Clara Jenkins è un coltello infilato nel cuore dei legami familiari.

Ci sono film che raccontano le famiglie. E poi c’è I Roses, che le disseziona. Diretto da Clara Jenkins, il nuovo dramma psicologico approdato in sala è un’opera sottile e disturbante che, sotto l’apparente eleganza del suo titolo floreale, nasconde spine taglienti, veleni emotivi e silenzi che urlano.

Al centro della storia c’è la famiglia Rose: madre, padre e due figli adulti che si ritrovano nella casa di campagna per il compleanno del patriarca. Quello che dovrebbe essere un weekend di affetto e memoria si trasforma, minuto dopo minuto, in una guerra di parole, ricordi contorti e conti lasciati in sospeso. Nessun evento traumatico eclatante, nessun twist improvviso: il vero orrore è nel quotidiano.

La regia di Jenkins è magistrale nel suggerire senza mostrare, nel costruire la tensione con sguardi sfuggenti, bicchieri lasciati sul tavolo, frasi mai dette. Una regia silenziosa, ma che accompagna lo spettatore in un crescendo asfissiante.

Un cast in stato di grazia

Il cuore pulsante del film è il cast. Charlotte Rampling è straordinaria nel ruolo della madre, una donna che sembra fragile ma che si rivela essere il fulcro velenoso dell’intera dinamica familiare. Accanto a lei, Cillian Murphy interpreta il figlio maggiore con una tensione compressa che esplode solo nei momenti più impensabili, mentre Jessie Buckley dà vita a una figlia ribelle ma intrappolata in una rete emotiva che sembra non poter spezzare.

La forza del film sta nella recitazione misurata, in quegli spazi vuoti che raccontano più delle parole. Ogni personaggio è credibile, umano, sbagliato. Nessuno è completamente vittima, nessuno è del tutto carnefice.

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L’eleganza del veleno

La fotografia gioca con luci fredde e interni opprimenti, accentuando il senso di claustrofobia. Anche gli spazi aperti – un giardino, un lago – sembrano luoghi da cui non si può fuggire davvero. La sceneggiatura è tagliente, piena di dialoghi che lasciano il segno e di frasi non dette che risuonano comunque con forza.

I Roses non cerca facili soluzioni, non offre catarsi. È un film che lascia il pubblico inquieto, forse persino frustrato, ma in grado di rispecchiarsi in quelle dinamiche che tutti conosciamo troppo bene: il rancore, l’orgoglio, l’affetto malato, l’amore che non guarisce ma avvelena. Chi ama il cinema che scava e non consola troverà in I Roses una visione potente e disturbante. Un film che non urla, ma resta dentro.