The Last Viking, Mads Mikkelsen tra battaglie epiche e riflessione malinconica sul destino dei guerrieri

Presentato a Venezia, il film unisce spettacolo storico e intimità drammatica, con un protagonista intenso e magnetico.
Con The Last Viking, presentato in anteprima mondiale al Festival di Venezia 2025, il regista Ole Bornedal porta sul grande schermo una saga nordica che intreccia avventura, violenza e introspezione. Guidato da un’interpretazione potente di Mads Mikkelsen, il film si propone come un racconto epico, ma al tempo stesso meditativo, capace di andare oltre il semplice affresco storico per interrogarsi sulla fine di un’epoca e sulla fragilità umana.
La storia segue un guerriero vichingo ormai in declino, chiamato ad affrontare non solo nemici esterni, ma soprattutto i fantasmi del proprio passato. Lontano dall’immagine stereotipata del vichingo invincibile, il protagonista si rivela un uomo segnato dagli anni, costretto a confrontarsi con la perdita, con il cambiamento e con la prospettiva della fine. È proprio in questa tensione tra eroismo e vulnerabilità che il film trova la sua identità.
Bornedal sceglie un registro visivo imponente, fatto di paesaggi nordici mozzafiato, battaglie coreografate con realismo e crudezza, ma anche momenti di silenzio sospeso, in cui la macchina da presa indugia sul volto segnato di Mikkelsen. Lo spettacolo e l’intimità convivono, restituendo un racconto che si muove costantemente tra grande storia e microcosmo interiore.
Epica nordica e introspezione
The Last Viking si distingue per la capacità di non ridursi a una semplice epopea guerriera. Le battaglie sono presenti, e sono girate con forza visiva notevole, ma non rappresentano il cuore del film. L’attenzione è rivolta piuttosto all’interiorità del protagonista, al suo percorso esistenziale e alla ricerca di un senso in un mondo che sta cambiando.
L’opera assume così i contorni di una riflessione sulla fine di un’era: quella dei vichinghi come simbolo di potere e conquista, soppiantata dall’avanzare di nuove forze politiche, religiose e culturali. Mikkelsen incarna questo passaggio con intensità straordinaria, restituendo un personaggio che è insieme temibile e fragile, duro e malinconico.
Punti di forza e debolezze
Il film colpisce per la sua potenza visiva e per l’interpretazione magnetica del protagonista. Mikkelsen domina la scena, e il suo volto da solo racconta la fatica di una vita trascorsa in guerra. Anche la fotografia e le scenografie contribuiscono a costruire un’atmosfera immersiva, che trasporta lo spettatore in un tempo remoto e affascinante.
Non mancano, tuttavia, alcuni limiti. La narrazione tende a indulgere in momenti contemplativi che, se da un lato rafforzano la dimensione poetica, dall’altro rischiano di appesantire il ritmo. Alcuni passaggi risultano prevedibili, soprattutto per chi conosce già i codici del cinema epico. Ma l’opera riesce comunque a distinguersi per coerenza stilistica e profondità di sguardo.
The Last Viking è, in definitiva, un film che combina spettacolo e riflessione, destinato a soddisfare sia gli amanti delle grandi saghe storiche sia chi cerca nel cinema un racconto più intimo e universale. Con un Mads Mikkelsen in stato di grazia e una regia che osa fondere azione e lirismo, il film segna uno dei titoli più significativi di questa edizione veneziana, lasciando dietro di sé l’eco malinconica di un’epoca al tramonto.