Macbeth, Inferno: Corrado d’Elia trasforma Shakespeare in un rito oscuro e visionario al Teatro Leonardo
Dal 23 ottobre al 2 novembre a Milano, un viaggio teatrale nell’incubo tra colpa, destino e possessione scenica
Dopo aver affrontato i grandi testi del teatro classico con uno sguardo sempre radicale, Corrado d’Elia torna sul palco con Macbeth, Inferno, una nuova e potente rilettura del capolavoro shakespeariano. Lo spettacolo sarà in scena al Teatro Leonardo di Milano dal 23 ottobre al 2 novembre, con un cast guidato dallo stesso d’Elia insieme a Chiara Salvucci e Marco Brambilla, e la produzione firmata dalla Compagnia Corrado d’Elia.
Questa volta non si tratta di una semplice messinscena, ma di un vero e proprio viaggio teatrale nell’incubo, una discesa nella parte più oscura della mente e dell’anima. Macbeth, Inferno non racconta la tragedia così come la conosciamo, ma ne evoca lo spirito, il sogno nero, la dimensione rituale e ancestrale.
La trama tradizionale viene dissolta: restano solo le pulsioni, le visioni, il sangue e il senso di colpa. Macbeth diventa un uomo intrappolato nel proprio delirio, un corpo posseduto da forze invisibili che lo trascinano verso l’abisso. Attorno a lui si muovono figure spettrali, luci improvvise, risate lontane e presenze inquietanti, in un tempo che si ripete come un incantesimo.
Con la sua regia sempre fisica e immersiva, Corrado d’Elia costruisce uno spettacolo che non si guarda soltanto, ma si attraversa. Un’esperienza totale, dove parola, gesto, suono e luce si fondono in un unico linguaggio scenico.
Un Macbeth che brucia come un rito
Macbeth, Inferno è un’operazione teatrale estrema, che riduce il testo di Shakespeare all’essenziale e lo trasforma in liturgia scenica. Le parole diventano mantra, i gesti si fanno preghiere rovesciate, e ogni scena è un cerchio magico che si apre e si richiude come un rito di iniziazione.
Nel mondo creato da d’Elia non esistono più psicologie o causalità: esistono soltanto corpi in trance, evocazioni e simboli. Lady Macbeth assume il ruolo di sacerdotessa e regina delle ombre, guida e carnefice del suo stesso sposo, vittima sacrificale di un destino già scritto. Le luci tagliano lo spazio come lame, il suono invade la sala con ruggiti, respiri e ritmi ancestrali, immergendo lo spettatore in una dimensione viscerale e primordiale.
Il teatro come esperienza sensoriale
Corrado d’Elia firma una messinscena che oltrepassa la logica narrativa per diventare esperienza percettiva e spirituale. Lo spettatore non è chiamato a comprendere, ma a sentire: a lasciarsi travolgere da un flusso di immagini e suoni che agiscono come una trance collettiva. Ogni dettaglio – dalle scenografie di Fabrizio Palla alle luci di Francesca Brancaccio, fino al disegno sonoro di Davide Andreozzi – contribuisce a creare un teatro che ipnotizza e disorienta.
In questo Macbeth, il male non è più una scelta, ma una condanna. Non esiste morale, non esiste redenzione: esiste solo il compiersi del rito, la trasformazione della paura in visione. È un teatro che non consola, ma che scava, inquieta e costringe a guardare dentro la parte più nascosta di sé.
Con Macbeth, Inferno, Corrado d’Elia porta in scena un’esperienza alchemica e perturbante, in cui il pubblico diventa parte del sabba, testimone di una colpa che brucia senza remissione. Un’opera che restituisce al teatro il suo potere originario: quello di essere un rito, una catarsi, un inferno da cui uscire trasformati.