Oltre l’universo… non c’è granché! Un pathos forzato, inadeguato e a tratti ridicolo. Recensione

Oltre l’universo è un film del 2022 diretto da Diego Freitas disponibile su Netflix.

Ambientato nella nostra quotidianità, in cui trovare l’anima gemella è spesso il frutto di una lunga selezione su siti di incontri, Oltre l’universo torna a far credere nei “classici incontri da film” che tutti abbiamo sempre sognato.

La protagonista è una giovane pianista, Nina (Giulia Be) affetta da una brutta malattia, il lupus, che la colpisce già da molto piccola. Nina conduce la sua vita tra lezioni di pianoforte e le cure per la malattia man mano che i sintomi si fanno sempre più gravi, fino a ritrovarsi in lista d’attesa per il trapianto di un rene che ha smesso di funzionare.

Come in un gioco del destino la giovane donna incontra l’uomo che le farà cambiare il modo di guardare la sua vita: Gabriel (Henry Zaga). Un giorno, mentre Nina suona il piano in una stazione dei treni, Gabriel, inseguito da un controllore si imbatte e si perde nella bellezza della ragazza che suona.

Da quel momento in poi i due iniziano a frequentarsi, nonostante i problemi che scaturiscono dal fatto che Gabriel si scoprirà essere il medico specializzando di Nina. Questo crea non pochi problemi tra Gabriel e il padre, il quale critica tutti i comportamenti del figlio nei confronti dei suoi pazienti, con i quali risulta essere troppo gentile e affettuoso.

Gabriel a insaputa di Nina, infatti, fa il test di compatibilità per poterle donare un suo rene, che, tuttavia, risulta negativo. Nina, nel frattempo inizia a ritrovare speranza grazie all’amore di Gabriel e decide di non abbandonare il suo sogno di diventare una pianista dell’orchestra sinfonica.

Al provino decisivo Nina perde i sensi, come le era successo da bambina a inizio film, e perde anche le speranze di condurre una vita normale, cercando di lasciare Gabriel per evitargli il licenziamento. Capirà dopo questo che si tratta di un errore, imparando a seguire il suo cuore torna sui suoi passi e trionfa l’amore.

Quando tutto sembra andare verso il meglio, Nina ottiene la possibilità di un secondo provino grazie a Gabriel, mentre il ragazzo decide di andare sul Monte universo, il solito posto in cui si reca ogni anno per il compleanno della madre, morta di malattia quando era piccolo, e per la quale aveva accusato il padre di essere stato sempre distante.

E sul Monte universo avviene la vera tragedia: nel tentativo di recuperare la foto della madre caduta dal monte si spinge troppo in là, e la corda che lo teneva legato alla montagna si spezza.

Così inaspettatamente il giovane Gabriel muore, lasciando Nina e il padre nella disperazione, in cui trovano il modo di uscirne bene: il padre di Gabriel, come per un riscatto personale o un gesto ultimo nei confronti del figlio dona il rene a Nina la quale, alla fine, si vedrà sul palco a cantare la sua canzone dedicata all’uomo che le ha permesso di non smettere mai di crederci.

Il film, per quanto melenso e sdolcinato all’ennesima potenza, trasmette ben poche emozioni che ti coinvolgono e ti incollano davvero allo schermo. Sembra voler riprendere uno schemino hollywoodiano già visto e già trattato meglio, che unisce l’amore alla malattia, inserita quasi per creare un pathos forzato, inadeguato e a tratti ridicolo.

La musica avrebbe potuto limitarsi al suono del pianoforte, evitando così di ricordare una telenovela spagnola, cui contribuiscono le dinamiche che riguardano l’amico del protagonista.

Per non parlare del momento tragico in assoluto, la morte di Gabriel, che potrebbe apparire come un estremo tentativo di enfatizzare il dramma, ma da cui, tuttavia, emerge soltanto tanta e troppa confusione.

Dialoghi brevi e privi di spessore, neppure le parole che dovrebbero creare conforto e infondere speranza e amore per la vita (quale si suppone dovrebbe appunto essere il messaggio del film) convincono o lasciano qualcosa.

Il rapporto problematico/conflittuale tra Gabriel e suo padre è poco approfondito, si risolve in un batter d’occhio: il padre guarda Nina suonare ed ecco diventa la persona migliore del mondo e un donatore di organi.

D’altro canto, può essere visto come un tentativo di alleggerire un tema pesante, di una terribile e devastante malattia, che in questo caso colpisce una bellissima ragazza giovanissima, lasciandoci pensare quanto siamo fortunati a non vivere lo stesso dolore, o a condividerlo con lei imparando ad amare la vita nonostante le avversità. Ma per questo, può bastare “Colpa delle stelle”.