Giovanna d’Arco – La rivolta, al Piccolo Bellini un ritorno potente che scuote le coscienze contemporanee
Un monologo folgorante tra storia e ribellione: la santa guerriera si racconta con voce viva e corpo politico
Un’adolescente in fuga, un corpo in rivolta, una voce che attraversa i secoli per arrivare dritta a noi. Dal 13 al 18 maggio al Piccolo Bellini di Napoli va in scena Giovanna d’Arco – La rivolta, testo dirompente e pluripremiato di Carolyn Gage, tradotto da Edy Quaggio e messo in scena dalla regia di Luchino Giordana ed Ester Tatangelo. Sul palco, Valentina Valsania dà corpo e voce a una Giovanna mai vista prima: incandescente, iconoclasta, irriducibile.
Non è la martire dolente della tradizione, né la santa guerriera stereotipata. Questa Giovanna è anoressica, scaltra, laica e politicamente lucida. È una ragazza che rifiuta il destino imposto alle donne, che fugge da un padre violento e da un sistema patriarcale soffocante, e che usa la propria visione come arma contro le istituzioni maschili che vogliono zittirla, domarla, spegnerla.
Un testo potente, tra storia documentata e ribellione personale
Giovanna d’Arco – La rivolta si ispira a The Second Coming of Joan of Arc, testo vincitore del Lambda Literary Award, che porta in scena una delle figure storiche più documentate del XV secolo. Ma ciò che accade sul palco non è una lezione di storia: è una dichiarazione di guerra alla violenza istituzionalizzata, alla misoginia, al controllo sui corpi femminili.
In scena c’è solo lei, Giovanna, che racconta, denuncia, si commuove e ci sfida. Parla di sé, ma anche di tutte le donne che non si piegano. Ci sono i processi, la tortura, i roghi. Ma c’è anche ironia, sarcasmo, un’intelligenza tagliente che svela l’ipocrisia delle gerarchie religiose, militari e politiche. La drammaturgia è costruita come un flusso incalzante che non lascia scampo e chiede, anzi pretende, di essere ascoltato.
Una performance che colpisce cuore e stomaco
Valentina Valsania è intensa, vibrante, radicale. Il suo corpo, i suoi silenzi, la sua voce sono strumenti precisi con cui restituire tutta la forza e la fragilità di una Giovanna che non chiede perdono, ma giustizia. Le musiche originali di Arturo Annecchino, le luci disegnate da Diego Labonia e le scene di Francesco Ghisu creano un ambiente visivo e sonoro che accompagna lo spettatore in un’esperienza immersiva e viscerale.
La produzione, firmata da HERMIT CRAB con la compagnia pupilunari, si distingue per coraggio e rigore, portando in scena un’opera necessaria, che non teme lo scontro con i temi più spinosi del nostro presente: identità di genere, controllo patriarcale, violenza sistemica, potere e disobbedienza.
In un momento storico in cui le conquiste delle donne sono messe in discussione e la violenza contro chi osa ancora imperversa, la voce di Giovanna risuona come un grido che non si può ignorare. E la sua rivolta non è finita. Anzi, forse è appena ricominciata.