Superman torna al cinema e si reinventa con cuore, ironia e troppi nemici da combattere

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James Gunn firma un reboot brillante ma affollato, tra emozione, azione e un eroe più umano che mai

È difficile rilanciare un’icona come Superman senza cadere nel déjà-vu, ma James Gunn ci prova con coraggio, intelligenza e un pizzico della sua ironia caratteristica. Il nuovo Superman apre le danze del nuovo DC Universe e lo fa con un film che mette da parte l’epica pomposa per concentrarsi su un Clark Kent più vicino alle persone, più fragile, ma anche più autentico.

Il risultato? Un cinecomic che emoziona e diverte, ma che a tratti perde il controllo della propria ambizione narrativa.

David Corenswet eredita il mantello da Henry Cavill e lo fa senza strafare, interpretando un Superman che combatte con delicatezza i suoi conflitti interiori. Accanto a lui, una convincente Rachel Brosnahan nei panni di Lois Lane, più ironica che mai.

Il film si apre con un attacco diplomatico e mostra subito l’intenzione di portare l’Uomo d’Acciaio dentro i dilemmi della contemporaneità: guerre, politica e crisi sociali sono lo sfondo su cui Gunn dipinge il suo eroe.

Un nuovo inizio tra cuore e caos narrativo

Gunn sceglie di non raccontare l’ennesima genesi dell’eroe: Superman è già in azione e in lotta con un mondo sempre più cinico. La narrazione però si infittisce rapidamente: troppi antagonisti, troppi sotto-filoni, troppi riferimenti al futuro dell’universo DC. Se Lex Luthor resta una minaccia credibile, la presenza di altri villain come Ultraman e l’Engineer complica la struttura, spezzando ritmo e chiarezza. Il tono altalenante tra commedia e tensione funziona solo a tratti, soprattutto quando il film abbandona l’azione per soffermarsi sulla relazione tra Clark e Lois.

Il cuore dell’opera resta l’umanità del protagonista. Nonostante le acrobazie digitali e i combattimenti, è la scena della Fortezza della Solitudine — un momento quasi teatrale — a restare impressa. Gunn usa il personaggio di Krypto per alleggerire la narrazione, ma non sfocia mai nel ridicolo. Il film, nei suoi momenti migliori, ci ricorda perché Superman è sempre stato il supereroe della speranza.

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Coraggio registico e limiti da superare

Il merito di Gunn è quello di ridare anima a un personaggio spesso trasformato in statua vivente. La sua regia predilige il dinamismo e le inquadrature pop, con sequenze d’azione pulite e leggibili, ma nei momenti clou la CGI prende il sopravvento e il film rischia di diventare un videogioco confuso. La colonna sonora, firmata da John Murphy, accompagna bene ma non osa.

L’accoglienza della critica è positiva ma cauta: Superman non è un capolavoro, ma è un passo coraggioso. Piacerà ai fan più nostalgici, conquisterà i nuovi spettatori e, soprattutto, apre con dignità una nuova era per la DC. È il primo mattoncino del nuovo DC Universe e, nonostante i difetti, potrebbe essere quello giusto.