Locked con Bill Skarsgård e Anthony Hopkins è un thriller teso e claustrofobico, ma non lascia il segno
Due attori magnetici, una situazione ad alta tensione e un’idea potenzialmente esplosiva: ma qualcosa si inceppa.
Due uomini, un caveau, una rapina che non va come previsto. Locked, il nuovo thriller ad alta tensione con Bill Skarsgård e Anthony Hopkins, parte da un’idea semplice ma efficace: mettere a confronto due personalità opposte, costrette a condividere lo stesso spazio, mentre all’esterno tutto crolla. La promessa è quella di un duello psicologico al cardiopalma. La realtà è un film solido, ben interpretato, ma meno incisivo di quanto ci si potesse aspettare.
Remake americano del film argentino 4×4, Locked racconta la storia di un ladro (Skarsgård) intrappolato in un’auto blindata da un uomo misterioso (Hopkins) che lo osserva e lo manipola da remoto. Il film si sviluppa quasi interamente all’interno del veicolo, in un crescendo claustrofobico che punta tutto sulla tensione emotiva e sul confronto verbale tra i due protagonisti.
La regia di David Yarovesky sfrutta al massimo lo spazio limitato, con una fotografia cupa e angosciante, ma senza mai rinunciare alla pulizia dell’immagine. Il problema è che, nonostante le premesse intriganti, la sceneggiatura fatica a mantenere la suspense sul lungo periodo, e rischia di diventare ripetitiva.
Skarsgård vs Hopkins: un duello che regge
Il vero punto di forza del film è il cast. Bill Skarsgård, dopo ruoli più fisici e disturbanti, qui lavora per sottrazione: la sua interpretazione è fatta di sguardi, silenzi, rabbia trattenuta. Regge il film praticamente da solo per la maggior parte del tempo. Anthony Hopkins, invece, appare poco sullo schermo ma domina con la voce e la presenza invisibile: il suo personaggio è calcolatore, ambiguo, a tratti persino sadico. Il contrasto tra i due attori è affascinante e porta in superficie i temi centrali del film: giustizia, colpa, redenzione.
Buone intenzioni, esecuzione discontinua
Locked ambisce a essere qualcosa di più di un semplice thriller. Il dialogo tra carnefice e vittima diventa una riflessione morale su ciò che significa punire, educare, salvare. Ma il film si perde un po’ nel cercare profondità filosofiche che non sempre trovano uno sviluppo coerente.
Alcuni momenti risultano eccessivamente verbosi o didascalici, spezzando il ritmo. E il finale, pur suggestivo, lascia un retrogusto ambiguo: non si capisce se voglia essere una condanna, una redenzione o un gesto simbolico.
Locked resta comunque un esperimento interessante: un thriller minimale che punta tutto sulla performance e sull’atmosfera. Piacerà agli amanti delle storie tese e claustrofobiche, ma potrebbe lasciare insoddisfatti chi cerca una trama più articolata o una conclusione più potente.