Broken English, Marianne Faithfull tra mito e fragilità in un ritratto che mescola arte e tormento

Presentato a Venezia, il documentario restituisce luci e ombre di una delle voci più ribelli della musica inglese.
Con Broken English, approdato al Festival di Venezia 2025, la regista Sophie Fiennes firma un documentario che ripercorre la vita e la carriera di Marianne Faithfull, figura iconica della musica e della cultura pop europea. L’artista, musa del rock britannico e interprete di brani indimenticabili, diventa qui protagonista di un racconto che non si limita a celebrare la sua voce, ma che scandaglia senza timori le zone d’ombra della sua esistenza.
Il titolo richiama l’album pubblicato da Faithfull nel 1979, simbolo di rinascita artistica dopo anni difficili segnati da dipendenze, scandali e cadute pubbliche. E il film adotta lo stesso tono spigoloso e sincero: non una narrazione lineare, ma un mosaico di immagini d’archivio, testimonianze e momenti privati che compongono il ritratto di una donna complessa, incapace di scendere a compromessi con la vita e con l’arte.
La struttura del documentario si muove tra interviste contemporanee e materiali rari, mettendo in luce il contrasto tra la giovane star degli anni Sessanta – legata alla scena dei Rolling Stones e all’immaginario della Swinging London – e la donna matura, segnata dalle ferite ma ancora capace di un’intensità artistica ineguagliabile.
Fiennes evita qualsiasi intento agiografico: Broken English mostra tanto la grandezza di Faithfull quanto la sua vulnerabilità, invitando lo spettatore a riflettere su cosa significhi vivere nell’occhio del ciclone mediatico per oltre mezzo secolo.
Un ritratto senza filtri
Uno dei maggiori pregi del documentario è la sua onestà. Marianne Faithfull non viene mai idealizzata: le sue fragilità, le cadute e i momenti di abbandono sono messi in primo piano, senza filtri. Proprio da questa crudezza emerge la forza del personaggio, che ha saputo reinventarsi più volte pur restando sempre fedele alla propria autenticità.
Il racconto non si concentra solo sulla musica, ma anche sul corpo e sul volto dell’artista, che diventano strumenti narrativi. Le rughe, la voce roca, lo sguardo stanco ma ancora vivo: ogni dettaglio contribuisce a costruire un’immagine che non è quella di un’icona intoccabile, ma di una donna che ha attraversato il dolore e ne ha fatto materia artistica.
Arte, dolore e resistenza
Fiennes intreccia abilmente la carriera musicale con le vicende personali, restituendo un quadro che parla non solo di Marianne Faithfull, ma anche della condizione delle donne nello show business. Gli anni Sessanta la imposero come musa fragile e angelica; gli anni Settanta la travolsero con scandali e dipendenze; il ritorno con Broken English la consacrò come artista consapevole, capace di trasformare la sofferenza in espressione potente.
Il documentario trova la sua forza proprio in questa parabola: una storia di caduta e risalita che diventa riflessione più ampia sulla resistenza, sull’arte come sopravvivenza e sulla capacità di affrontare il tempo che passa senza cedere alla nostalgia.
Broken English è un film intenso e coraggioso, che restituisce Marianne Faithfull nella sua complessità, senza edulcorazioni né retorica. Un ritratto che affascina, commuove e invita a riscoprire la voce di un’artista che ha attraversato mezzo secolo di musica e cultura rimanendo sempre, ostinatamente, se stessa.