Tre ciotole: Nanni Moretti trasforma Michela Murgia in un racconto di dolore e rinascita
Dal romanzo di Michela Murgia, un film poetico e corale sul tempo, la perdita e la ricerca di senso
Con Tre ciotole, Nanni Moretti porta sul grande schermo uno dei romanzi più intensi e intimi di Michela Murgia, costruendo un film delicato e profondo che riflette sul lutto, sulla fragilità e sul bisogno di ritrovare se stessi dopo la perdita. Presentato in anteprima alla Mostra del Cinema di Venezia, il film segna un ritorno alla dimensione più raccolta e introspettiva del regista romano, che affronta il tema della fine non come chiusura, ma come passaggio necessario.
La struttura narrativa ricalca lo spirito frammentato e contemplativo del libro: piccoli episodi, legati dal filo invisibile dell’emozione, che raccontano persone ferite, sospese, incapaci di adattarsi al tempo che scorre. Ogni “ciotola” diventa metafora di una stagione della vita: quella del dolore, della memoria e, infine, della rinascita.
Moretti sceglie un tono sobrio, quasi contemplativo. La sua regia non giudica e non spiega, ma osserva con tenerezza e rigore, restituendo allo spettatore la poesia che nasce dalle crepe dell’esistenza. In questo modo, Tre ciotole diventa un film sul silenzio, sull’assenza, ma anche sulla possibilità di trovare ancora bellezza nel disordine della vita.
Il dolore come spazio condiviso
Il film intreccia le storie di diversi personaggi, ognuno alle prese con un diverso tipo di perdita: la morte di una madre, la fine di un amore, la malattia, l’incapacità di accettare il cambiamento. Moretti mette in scena queste vite con compassione e misura, affidandosi a un linguaggio cinematografico fatto di sottrazione, sguardi e pause.
Ogni frammento diventa un piccolo mondo autonomo, in cui il dolore non è mai spettacolarizzato ma accettato come presenza naturale. Il titolo stesso — Tre ciotole — evoca il gesto quotidiano del nutrirsi, ma anche il tentativo di mantenere un equilibrio, di scandire il tempo attraverso rituali che ci salvano dall’abisso.
La fotografia, calda e intima, accompagna il racconto con toni morbidi e malinconici, mentre la colonna sonora sottolinea con discrezione il ritmo emotivo delle immagini.
Un cast corale di straordinaria intensità
A dare volto e voce alle emozioni dei protagonisti è un cast di altissimo livello. Margherita Buy è straordinaria nel trattenere la sofferenza dietro la compostezza dei gesti, mentre Riccardo Scamarcio regala una delle sue interpretazioni più misurate e sincere. Accanto a loro, Alba Rohrwacher, Valerio Mastandrea e Adriano Giannini completano un ensemble di rara sensibilità.
Moretti orchestra gli attori come strumenti di una stessa sinfonia emotiva, costruendo un equilibrio fragile ma perfetto tra realismo e poesia. Nessuno è protagonista assoluto, perché ogni storia appartiene a un tutto più grande: quello della vulnerabilità umana, che unisce tutti nel medesimo bisogno di sentirsi ancora vivi.
Tre ciotole è un film che parla sottovoce, ma lascia un’eco profonda. È una lettera d’amore al tempo che passa, alle perdite che ci cambiano, ai gesti che ci tengono in vita. Nanni Moretti, con il suo sguardo più maturo e spirituale, rende omaggio all’eredità di Michela Murgia con un’opera luminosa e struggente, che trasforma il dolore in una forma di grazia.