Bestie di scena di Emma Dante. Quando la nudità racchiude molte sfaccettature

Foto ©Masiar Pasquali

La monografia che il Teatro Bellini di Napoli ha dedicato a Emma Dante, offrendo al pubblico un dittico di due sue regie, si conclude questa settimana, il 10 febbraio, con Bestie di scena. Si tratta questa volta di un lavoro sperimentale sull’attore, ben diverso dalla Scortecata che aveva alle spalle un testo illustre come quello di Basile appunto.
In questo caso il percorso della Dante è partito dal lavoro sull’attore che è stato plasmato come creta dalle mani della regista.

Emma Dante voleva raccontare il lavoro dell’attore, la sua fatica, la sua preparazione e la sua necessità fino alla perdita della vergogna. Ciò che ne è uscito è stato un gruppo di attori, ciascuno in cerca del proprio personaggio, che nel corso del training arrivano a togliersi tutti i vestiti e restare nudi.

Foto ©Masiar Pasquali

Ciò non avviene in maniera brutale ma gradualmente. Lo spettacolo comincia con gli attori che eseguono quello che sembra un comune esercizio di preparazione o di riscaldamento e ciò avviene a luci ancora accese, mentre il pubblico si sistema in sala. Gli esercizi che gli attori eseguono in cerchio, guidati da ciascuno di loro a turno, procedono per imitazione. Uno a caso si mette al centro del cerchio ed esegue degli esercizi, gli altri lo imitano.

Fin dal primo momento siamo coinvolti in un rituale che potrebbe definirsi sacro; veniamo accolti in un luogo e in un momento che di solito restano nascosti al pubblico, i momenti appena precedenti allo spettacolo, quelli di cui solo gli addetti ai lavori di solito possono fruire.

Foto ©Masiar Pasquali

Gli appassionati di recitazione, scrittura e regia apprezzeranno la condivisione di questo momento rituale poiché esso dice molto del modo di lavorare di una squadra.
Poco a poco le luci si spengono e i movimenti degli attori si fanno sempre più concitati, finché questi cominciano a sudare e quindi a togliersi i vestiti.
Quando restano nudi in scena si coprono le parti intime simulando un pudore che poco a poco svanirà. Ciò accadrà solo quando ognuno dei presenti avrà raggiunto la perdita della vergogna appunto e si concentrerà sul personaggio che sta cercando di raggiungere.

La regia si diverte a stimolare gli attori e provocarli all’interno di una scena anch’essa nuda che sembra una sorta di arena con gli schiavi al centro che attendono il proprio destino e i tempi sono scanditi da alcuni oggetti che nel corso della pièce vengono buttati in scena.
Si tratta ora di una tanica d’acqua, ora di un secchio con degli stracci o di una bambola.
Ogni attore, nudo e senza personaggio, quindi nudo anche nella sua essenza di attore, interagisce ora con questo ora con quell’altro oggetto e prova a costruire una propria identità.
Non si parla mai, sentiamo solo dei versi, e in una sola occasione due uomini inscenano una lite usando un frasario napoletano tipico delle discussioni ma decisamente più onomatopeico.

©Masiar Pasquali

Si arriva poi al lancio di tante noccioline e gli attori che iniziano a mangiare voracemente simulando gesti animali. La trasformazione o forse dovrei dire, trasfigurazione è giunta al suo apice per poi concludere con un finale caotico nel quale ogni attore esegue una partitura diversa finché dalla regia si stabilisce che va bene così, la prova è finita e un mucchio di vestiti vengono lanciati sul palcoscenico.

Questo genere di performance, più laboratorio che messa in scena completa, lascia spazio a molte interpretazioni. Una di queste potrebbe essere la condizione di “bestia di scena” che vive non solo l’attore ma l’artista in generale che si trova alcune volte in balia delle decisioni di qualcun altro e deve creare come meglio può con quello che gli capita. Potrebbe trattarsi di una metafora della vita stessa: l’uomo si trova nudo e privo di strumenti e la vita gli mette davanti una serie di prove.
Un’altra possibile lettura è la condizione robotica del quotidiano la cui routine ci fa ripetere meccanicamente gli stessi gesti.

Foto ©Masiar Pasquali

Di qualunque cosa si tratti Bestie di scena è il tipico spettacolo che stimola la mente dello spettatore e strutturalmente è impostato come fosse un happening. Di sicuro non si accusa il tempo che passa, tanto che ci si ritrova al termine della performance senza nemmeno rendersene conto.

Teatro Bellini,  fino al 10 febbraio
Via Conte di Ruvo, 14

Orari: feriali ore 21:00, domenica ore 18:00

Prezzi: da 14€ a 32€ – 15€ Under29 tutti i giorni della settimana

Durata: 70 min