Javier Sierra: lectio al Cenacolo per la riedizione della sua Cena Segreta

A 15 anni dalla sua prima pubblicazione “La Cena Segreta” di Javier Sierra torna in libreria per DeA Planeta, con una nuova edizione che celebra il genio di Leonardo da Vinci nel cinquecentenario della sua morte. A presentarcela è stato lo stesso autore, in una cornice d’eccezione (ed è proprio il caso di dirlo): il Cenacolo.

Javier Sierra, Premio Planeta 2018

Una veste grafica ampliata per il romanzo pluripremiato dell’autore Premio Planeta 2018, ambientato proprio a Milano, nel convento di Santa Maria delle Grazie e costruito attorno alle figure e alle storie che gravitano al Cenacolo.

Cenacolo, Leonardo Da Vinci, refettorio del convento si Santa Maria delle Grazie, Milano ©Fortementein.com

Non stiamo parlando di un romanzo in stile “Codice da Vinci” sebbene Javier Sierra sia stato indicato come il Dan Brown di Spagna, ma si tratta di un thriller storico costruito su una “esegesi” di diverse fonti, iconografiche, testuali e storiche che hanno richiesto oltre tre anni di lavoro e l’assidua presenza dell’autore a Milano. Ogni carattere, personaggio, ambientazione, scenario sono fortemente documentati e il libro riedito da DeA Planeta riporta fedelmente ogni riferimento e tutti i personaggi, tranne la voce narrante, sono realmente esistiti.

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Al tramontare del XV secolo il Rinascimento italiano è al suo apice. Le Arti illiberali, o meccaniche, lentamente guadagnano rispetto dinnanzi alle Arti liberali. La pittura comincia a rivendicare la sua autonomia dal concetto di artigianato, e la magnificenza e potenza economica di chi detiene il potere si reifica in alcune delle creazioni più stupefacenti al mondo. È ancora vivissimo lo scontro tra papato e sovranità laica. Potere spirituale e potere temporale si intrecciano spesso nelle vicende politiche dell’Europa del basso medioevo e dell’età moderna. Questa tensione vitale si traduce anche in commissioni artistiche sempre più sontuose; per i duchi e per il papato la figura dell’artista assume sempre più rilievo…e libertà. In questa cornice Leonardo da Vinci, alle dipendenze di Ludovico il Moro, è a lavoro su uno dei suoi capolavori: l’Ultima Cena. Nel 1497 a Milano c’è grande fermento, in molti sono impazienti di vedere l’ultima fatica del maestro fiorentino. Sono pochi coloro che hanno avuto la fortuna di ammirarla, e si vocifera che, nonostante l’opera sia ancora incompiuta, la bellezza delle tredici figure dipinte da Leonardo catturi completamente l’osservatore.

Allora come oggi.

Sierra ci riporta nella Milano in cui Leonardo lavora già da tre anni alla sua Ultima Cena: pochissimi nella città meneghina sono però coscienti del fatto che il capolavoro vinciano racchiuda in sé qualcosa di esoterico, un messaggio che potrebbe scuotere dalle fondamenta la Chiesa di Pietro. La curia papale viene informata da un misterioso contatto, ma qualcosa sfugge ai mille occhi degli uffici papali: non ci sono prove e la protezione concessa a Leonardo dal duca di Milano è forte. Il tempo stringe. Il luogo in cui si sta consumando il presunto delitto e la scena sacra rappresentata nel Cenacolo sono in effetti essenza dell’operato e identità stessa della Chiesa romana: un convento domenicano, ordine strettamente collegato all’inquisizione, e la rappresentazione del momento in cui Cristo instaura il sacramento eucaristico. Padre Agostino Leyre, inquisitore romano ed esperto di crittografia, detective ante litteram (un po’ alla Guglielmo da Baskerville de “Il nome della rosa” e unico personaggio inventato del libro) viene perciò incaricato di far luce sull’accaduto in virtù della sua esperienza nel risolvere enigmi. Una serie di omicidi apparentemente scollegati farà presto emergere tutto il peso del mistero nascosto dal maestro fiorentino e l’acume di Padre Leyre verrà messo a dura prova da uno delle menti più sottili che il mondo abbia mai conosciuto.

L’anacronismo, infido nemico sempre in agguato nelle narrazioni storiche, è tenuto a bada dalla minuzia con cui Sierra ha costruito “La Cena Segreta” e dagli studi che ha condotto.
Il vero elemento da cui si sbroglia il filo del racconto è il Cenacolo e la lettura che Javier Sierra ne propone.
Ciò che ha colpito Javier Sierra è che l’Ultima Cena di Leonardo è diversa; diversa da quelle che l’hanno preceduta e diversa da quelle che l’hanno imitata. Non è la tradizionale scena evangelica cui siamo stati abituati: qui abbiamo un Cristo che non è rappresentato nell’atto eucaristico ed è senza gli attributi di santità classici, ovvero senza aureola; e dove? Nel convento dei Domenicani, l’ordine che ha “esercitato d’ufficio” l’inquisizione a far tempo dal 1200, i “guardiani” della fede, insomma.

L’idea che Sierra si è fatto portando avanti i suoi studi e su cui ruota tutto il romanzo è che Leonardo voleva fare di quest’opera un mistero evidente agli occhi di chi fosse stato in grado di leggerla. E le credenze e usanze dei catari (un gruppo eretico che proponeva una diversa visione delle fede e degli eventi del Nuovo Testamento), gli scritti che erano alla base del loro culto e gli eventi che segnarono la fine del XV secolo, sono acutamente inseriti nel racconto e messi in relazione al presunto mistero contenuto nell’Ultima Cena. Anche qui, come nella migliore tradizione della fiction storica, abbiamo un libro misterioso, l’Interrogatio Johannis, vangelo apocrifo tardo medievale, testo fondamentale dei Catari e pertanto reputato eretico.

Vergine delle Rocce, Leonardo da Vinci e bottega (1452–1519) olio su legno di pioppo, National Gallery, Londra

Un’altra opera di Leonardo e le vicende collegate a essa, testimonia la capacità di Sierra di inglobare gli eventi storici nel filo narrativo del racconto: le due versioni della Vergine delle rocce commissionate dai francescani milanesi per la chiesa di San Francesco Grande a Milano (demolita in seguito nel 1806).

La Papessa del mazzo di tarocchi Visconti-Sforza disegnato da Bonifacio Bembo, ca. 1450. The Pierpont Morgan Library (inv. M. 630), New York City.

Il progetto della famiglia Sforza di quel tempo, nelle persone di Ludovico il Moro e Isabella d’Este, era quello di convertire Milano in una sorta di nuova Atene, proprio come si era tentato di fare a Firenze alla corte Medicea con L’accademia di Ficino.
Una città della cultura, splendente di conoscenza. Conoscenza che ha permesso a Sierra di elaborare un romanzo in cui la lettura è organica e coerente con se stessa e suffragata contestualmente con elementi e documenti storicamente esistenti. Al di là della veridicità (o meno) della tesi su cui si basa il romanzo di Sierra, cioè il mistero contenuto nell’opera vinciana, la forza del racconto sta nell’attenzione richiesta al lettore nell’osservare l’opera: i dettagli che si nascondono/mostrano in modo ossimorico alla luce del sole.