Lockdown per Milano e Lombardia, ipotesi a cui Fontana sta pensando

Lockdown immagine della facciata del duomo di milano

Il temuto lockdown totale sembra essere un’ipotesi a cui il presidente della Regione, Attilio Fontana, sta pensando, questo a fronte di un coprifuoco, dalle 23 alle 5, rivelatosi praticamente inutile, una soluzione che pareva fin dall’inizio un palliativo dalla scarsa efficacia e che ai fatti non è servito ad abbassare la curva epidemiologica, una situazione che appare quasi fuori controllo con un sistema sanitario ormai vicino al collasso, nella giornata di ieri sono stati 3.570 i contagiati in Lombardia, di cui 2.023 in provincia di Milano, questi numeri raccontano una storia già sentita che parla di soluzioni drastiche come un nuovo lockdown circoscritto alla Lombardia.
A poco sembrano servite le misure di restrizione con la didattica a distanza per le scuole superiori, le chiusure dei centri commerciali e la chiusura anticipata alle 18 dei bar e ristoranti, quello che si prospetta è che tutto questo potrebbe non bastare. Il consiglio principale è quello di ridurre i contatti all’estrema necessità, di non uscire se non estremamente necessario e agli ultrasettantenni di stare a casa.

Lockdown dati della regione lombardia sui contagi

Così da qualche giorno, ai piani altri di Palazzo Lombardia, Fontana si sta confrontando con le organizzazioni di categoria per definire i contorni di un secondo lockdown, il documento è in lavorazione e si stanno rivelando utili i confronti avuti con Assolombarda, con la quale la Lombardia starebbe discutendo su quali processi produttivi sospendere in caso di secondo lockdown. Al tavolo la possibilità di sospendere tutte le attività considerate “non essenziali”, chiudere tutti i negozi tranne quelli che vendono beni di prima necessità e limitare gli spostamenti per i quali servirebbe l’autocertificazione a ogni ora, tutto questo suona molto famigliare. Quello che sembra trapelare dalle indiscrezioni è che questo totale fermo delle attività dovrebbe durare solo poche settimane, con la ripresa delle attività nel mese di dicembre, così da non compromettere l’economia legata alle festività natalizie, che potrebbe portare a un duro e forse irreversibile colpo all’economia della Regione.
Una delle soluzioni potrebbe essere il lockdown localizzato, di cui si parlava anche ad agosto ma che non è mai stato messo in pratica, ovvero decretare solo alcune zone rosse localizzate per evitare provvedimenti su scala più ampia, però forse questo doveva essere fatto già da prima, adesso il rischio è che sia troppo tardi.

La curva della pandemia è fuori controllo, come spiegato da Massimo Galli, direttore del reparto Malattie infettive del Sacco, la situazione sta progredendo – in peggio – più rapidamente di quanto si poteva pensare. Per questo motivo servono interventi “davvero efficaci” al più presto.
Gli ospedali stanno lavorando a ritmi serrati per evitare di arrivare al collasso già “sperimentato” nei mesi precedenti, in attesa di nuove restrizioni, nel contempo chiedono alla popolazione di limitare gli spostamenti. Un nuovo lockdown potrebbe essere davvero alle porte per invertire immediatamente la curva dei contagi, tuttavia risulta inevitabile che questo porti a effetti economici devastanti sulla popolazione che già nella sera di ieri è scesa in piazza per manifestare contro le restrizioni introdotte dall’ultimo DPCM.

Lockdown manifestazioni non pacifiche a milano

Manifestazioni che da pacifiche si sono trasformate, in poco tempo, in violente, non organizzate e disomogenee, dove in piazza non sono scesi solo i commercianti e le categorie a rischio per raccontare un proprio dramma, non sono i baristi e il ristoratori a essere scesi in piazza con in mano le bombe carta, ma componenti dell’ultradestra, degli ultras, dell’anarchia insurrezionalista e della criminalità organizzata, frange che non necessariamente si trovano sotto un solo cappello e non comunicano per un fronte comune, ma che hanno trovato terreno fertile cogliendo il momento per creare disordini e fomentare nell’animo di chi già sta raccogliendo i pezzi della propria vita distrutta, distribuendo, a suon di bombe, vetrine spaccate e violenza, un sentimento d’odio che in questo momento non fa bene a nessuno ma sicuramente è più facile da far uscire anche ai “santi”.