Moonage Daydream: Ground Control to David Bowie. Il viaggio nella mente di un genio. Recensione

“All’inizio del XX secolo Nietzsche proclamò che Dio era morto e che l’uomo lo aveva ucciso. Questo creò nell’uomo l’arroganza di essere lui stesso Dio. Ma in quanto Dio, tutto ciò che sembrava poter produrre era il disastro. Questo portò a una confusione terrificante: se non potevamo prendere il posto di Dio, come potevamo riempire lo spazio che avevamo creato dentro di noi?”

Moonage Daydream

Queste le parole che ci introducono nel viaggio mentale dell’ultimo capolavoro di Brett Morgen: Moonage Daydream, un documentario sulla vita di David Bowie che di “documentario” ha soltanto l’apparenza. Niente voci miste fuori campo di amici o conoscenti: a raccontarci la meravigliosa “storia” è David Bowie in persona, che ci accompagna nel suo percorso di vita, che è un percorso di crescita interiore a tutti gli effetti. Una ricerca verso qualcosa che possa riempire quello spazio che il cantante sostiene sia dentro tutti gli uomini, e senza spoilerare troppo, Bowie alla fine ci riesce.

Moonage Daydream è un dialogo con David Bowie: lui racconta, tu ascolti e ti senti trascinato nel flusso dei suoi pensieri, rappresentati simultaneamente da immagini che ti incatenano davanti allo schermo e che si susseguono in maniera criptica, ma efficace.

A farci entrare in questo vortice è il montaggio di Brett Morgen, che dà l’effetto di una visione concreta di quella che è la mente di Bowie, la sua parte creativa così tradotta attraverso video inediti intervallati da pezzi di film che hanno fatto la storia del cinema, coerentemente con l’ottica bowiana del “Sound And Vision”: dal film simbolo dell’espressionismo tedesco “Il Gabinetto del Dottor Caligari” di Robert Wiene, al “Viaggio nella luna” di Georges Méliès, da “Metropolis” di Fritz Lang, a “Nosferatu” di Werner Herzog, dal “Settimo sigillo” di Ingmar Bergman, al “2001: Odissea nello spazio” di Kubrick e così via.

Non possono mancare le pellicole che hanno visto il Duca Bianco come attore nel grande schermo: basti ricordare “L’uomo che cadde sulla terra”, “Labyrinth”, “Furyo”, “Miriam si sveglia a mezzanotte”. Nel “miscuglio” sono inserite diverse fotografie che ritraggono i maestri di vita del cantante come Friedrich Nietzsche, Jack Kerouac (autore di “Sulla strada” che come si vede nel film è il primo romanzo letto e amato da Bowie), Lou Reed, oltre ai quadri di grandi artisti come Picasso, Pollock, etc.

Dunque, non si legge un vero e proprio tessuto narrativo, ed è proprio in questo che si potrebbe cogliere, significativamente, il tentativo del regista di esprimere attraverso lo straordinario lavoro di montaggio, due dei temi fondamentali che emergono nel film: il caos e la concezione del tempo di Bowie, cioè un continuo evolversi, senza momenti fermi.

Se ci sono, questi momenti, è perché si muovono più lentamente, ma tutto scorre ed è un viaggio che non ha né un inizio né una fine, come detto da Bowie stesso: “La verità è naturalmente che non c’è nessun viaggio. Arriviamo e partiamo nello stesso momento”. Il caos, dunque, è la cosa importante da cui non occorre fuggire e a cui non bisogna tentare di porre rimedio, ma che va accettata. Ed è quello che il Duca Bianco ha fatto durante la sua vita, e che sembra essere l’unico vero spazio in cui ha vissuto.

Lo si vede nel modo insolito di scrivere le sue canzoni (cut-up), nella sua forsennata ricerca del nuovo, che lo spinge a viaggiare continuamente, nel suo passare da una forma artistica all’altra, come ci viene mostrato scorrevolmente nel film: abbiamo un David autore, cantante, performer, mimo, ballerino, attore, pittore, scultore senza limiti. Il caos si riflette anche nei suoi diversi personaggi: dal Maggiore Tom a Ziggy Stardust, Aladdin Sane, Halloween Jack, il Duca Bianco fino al profeta cieco, maschere che sono tutte le sue personalità, con cui pensa di non rivelarsi appieno e di mostrarsi come un “messia” che viene dall’alto a portare un messaggio, un messaggio di salvezza: “He was the naz”.

In particolare, nel caso di Ziggy, personaggio su cui il film si concentra maggiormente tanto che il titolo stesso del film, Moonage Daydream, rimanda alla canzone dell’album omonimo. Il film mette in risalto le epoche glam rock e il periodo berlinese lasciandoci ammirare alcuni momenti dei suoi concerti, intervallati da brevi, ma essenziali, racconti sulla sua biografia che aiutano a comprendere meglio il suo percorso: dal rapporto con la madre a quello con l’amore, da sempre allontanato (come qualcosa da cui scappare) dal cantante per concentrarsi sul suo lavoro, che gli cattura letteralmente anima e corpo.

Frutto di un lavoro enorme, lungo cinque anni che hanno permesso al regista di accedere all’archivio del Bowie Estate, Moonage Daydream non poteva non avere una colonna sonora degna del cantante di cui parla: da “Space Oddity” con cui si apre il film, ai brani più famosi come “Life On Mars?”, “Word On A Wing”, “Modern Love”, “Quicksand”, “Aladdin Sane”, “Ashes To Ashes”, “Heroes” di cui assistiamo in breve al processo creativo, “Warszawa” cantata dal vivo all’Isolar II, insieme ai vari live davvero inediti che il pubblico non vedeva l’ora di ammirare tra cui il medley “The Jean Genie/Love Me Do”, registrato durante la tappa finale del tour di Ziggy Stardust all’Hammersmith Odeon nel 1973.

Ancora una volta in maniera coerente con l’operato di Bowie, che in questo caso riguarda la tecnica cut-up di William Burroughs usata dal cantante negli anni 70 per la composizione dei suoi testi, i brani sono stati perfettamente modificati e mixati. La produzione musicale è stata affidata a Tony Visconti, storico produttore e braccio destro di Bowie, Paul Massey (premio Oscar per Bohemian Rhapsody) e David Giammarco; il produttore di VFX Stefan Nadelman (“Kurt Cobain: Montage Of Heck”) e lo staff di sound design di John Warhurst e Nina Hartstone (“Bohemian Rhapsody”).

Moonage Daydream

Moonage Daydream è la storia di un’artista, raccontata dal suo unico punto di vista, che è quello di un visionario, un uomo “comune” apparso come un alieno tra gli altri umani, quello che scende da Marte e contagia la terra, la innova, porta vita. È un inno alla vita il suo, un invito a godersela a pieno, ogni attimo senza pensare a cosa si sarebbe potuto fare o quanto tempo resta, ma quello che è importante è vivere a pieno e arrivare a pensare di essere fieri della propria esistenza.

Così con le parole del grande Bowie: “Tutte le persone, non ha importanza chi siano, sperano di apprezzare di più la vita, ma è cosa fai nella vita che è importante e non quanto tempo hai o cosa desideravi fare. La vita è fantastica”.