Inside Man, la nuova miniserie Netflix è un noir atipico con una trama grottesca e trash. Recensione

Sulla scia dei recenti successi delle sue serie crime Netflix impacchetta un noir atipico, cercando l’atmosfera da Sherlock Holmes ma venendo tradito da una trama grottesca e che a tratti finisce per risultare trash.

Situazioni fuori da ogni logica

Le premesse per una buona serie crime ci sono tutte in Inside Man, miniserie in 4 episodi targata Netflix.

Abbiamo il detective atipico, Jefferson Grieff (Stanley Tucci), un ex professore di criminologia uxoricida che in attesa della sua esecuzione si offre di risolvere casi di sparizione e abbiamo l’insospettabile colpevole ovvero il prete Harry Watling (David Tennant) il quale, ritrovatosi suo malgrado invischiato in una rete di pedofilia, deve prendere decisioni drastiche per salvaguardare la sua famiglia.

Tutto questo viene però gettato all’aria fin da subito a causa di una scrittura deludente. Gli avvenimenti che seguono la situazione spiacevole di Harry risultano da subito improbabili, frutto di azioni prese in modo impulsivo ed irrazionale dai suoi personaggi.

Gli autori lo sanno e provano a giocare su questo lato grottesco della serie ma portano solo la situazione ad essere frustrante per lo spettatore risultando essere a tratti ridicola.

Doppia Narrazione

La serie segue una narrazione su due fili diversi: da una parte la situazione del prete Harry, mentre dall’altro parte seguiamo il personaggio di Grieff intento ad aiutare la giornalista Beth Davenport (Lydia West) a ritrovare l’amica Janice Fife (Dolly Wells). È il personaggio di quest’ultima che collega le due trame fino al loro congiungimento nel climax finale.

Proprio questo modo di raccontare la serie aiuta a salvare parzialmente questo prodotto, riuscendo a rendere a tratti accattivante la narrazione. Quando infatti la narrazione da una parte necessita di una pausa la serie può così spostarsi dall’altro lato aiutando la scorrevolezza del tutto.

I due protagonisti

Inside Man ha due protagonisti, uno per ogni sua trama. Da una parte c’è il personaggio di Grieff, scritto per essere la componente accattivante della serie. Seguendo la scia di serie come Breaking Bad la serie punta su un protagonista cattivo (è pur sempre un uomo che ha fatto a pezzi sua moglie) ma ci obbliga ad amarlo attraverso le sue peculiarità e il suo intuito, aiutata anche dall’ottima interpretazione di Stanley Tucci.

Dall’altra abbiamo il prete Harry, personaggio buono ma costretto a fare del male. È tramite lui che la serie vuole puntare a farci riflettere su come ogni persona sia un potenziale assassino, basta solo una motivazione e una giornata storta. L’attore David Tennant impreziosisce il personaggio con la sua interpretazione rendendo al meglio il conflitto dell’uomo tra l’essere un prete giusto e un buon cristiano e il suo dovere di padre.

Altro personaggio centrale è Jenice, il collante tra le due storie. Vittima principale della situazione gli sceneggiatori riescono nell’ardua impresa di rendere una vittima di sequestro la persona più irritante della serie e per cui faremmo meno il tifo.

Un giudizio a metà

In definitiva Inside Man è una serie che risulta grottesca e frustrante per le sue situazioni e le scelte che portano a queste. La serie riesce comunque a farsi guardare ma non per i motivi che vorremmo, non per il suo essere un buon prodotto crime ma per il suo finire per risultare trash e a tratti irriverente e ad essere brava nel farlo.

La sensazione che ci lascia arrivati alla fine dell’opera è che lo scrittore, David Moffat, accortosi della cosa abbia deciso di giocarci sopra con un risultato che oscilla tra il positivo ed il negativo in base alle intenzioni con cui la guarderete.