C’è ancora domani, l’esordio alla regia di Paola Cortellesi è un successo clamoroso | Devi vederlo adesso

C'è ancora domani
C’è ancora domani

Il suono di uno schiaffo: è questo il primo elemento che mette in scena Paola Cortellesi nel suo film C’è ancora domani. Poi, in 118 minuti, è lei a restituirlo a noi, questa volta in chiave educativa.

Ci troviamo nella Roma degli anni ‘40, alla vigilia del referendum costituzionale. Il bianco e nero della pellicola allunga le distanze tra noi e quell’epoca all’apparenza così lontana, ma in realtà così vicina. Le nostre radici, soprattutto le più velenose, nascono lì e nel corso del tempo hanno scavato nel terreno, cambiando forma, ma non dannosità.

Delia – interpretata dalla stessa regista Paola Cortellesi – è sposata con Ivano e vive un matrimonio fatto di violenza, minacce, poche parole e molti schiaffi. Il ruolo del marito autoritario è stato affidato a Valerio Mastandrea che, nonostante la sua indiscutibile esperienza, ha avuto qualche titubanza prima di interpretare un personaggio così complesso.

Esistono ruoli attraversati da una linea sottile, che separa l’empatia dal ribrezzo. Questo personaggio non l’ho fatto a briglia sciolta ma con la museruola pronta perché dovevamo stare molto attenti, sempre a cercare di calibrare tutto – ha spiegato Mastandrea in un’intervista a la RepubblicaLei voleva che lo facessi io, ma era consapevole dei rischi di caratteristiche caratteriali che mi porto appresso”.

Alla fine, entrambi hanno saputo vestire al meglio i corrispettivi personaggi, delineando un quadro talmente preciso da risultare disturbante. Delia è succube del marito e questo il pubblico in sala lo capisce fin dalla prima scena, quando al “Buongiorno Ivano”  viene ricambiata con uno schiaffo in faccia. Diventa ancora più evidente quando ci si rende conto che anche è al servizio di suo suocero, a cui fa da badante, nuora, domestica, cameriera. Delia viene privata della sua personalità per essere semplicemente “la donna di casa”.

Il racconto di Paola Cortellesi

Tuttavia, in lei fermenta il desiderio di emancipazione, che cerca di passare a sua figlia Marcella: la protagonista si divide tra diversi lavori e si ferma solo per nascondere qualche risparmio nel ferretto del reggiseno. Per tutto il film si ha la sensazione di osservare delle persone in gabbia, e se per Marcella sembra esserci la possibilità di fuggire, non è lo stesso per Delia, che ha gettato la chiave il giorno del suo matrimonio.

Paola Cortellesi mette tutta la sua sensibilità a servizio del pubblico, portando sul grande schermo le diverse sfumature della violenza domestica. Una di queste è il diritto all’istruzione: fino a solo alcuni decenni fa, la scuola non era per tutti, soprattutto se eri donna, perché studiare vuol dire imboccare la via dell’autodeterminazione che, in altre parole, corrisponde alla libertà. Libertà di scegliere chi essere: una mamma, una moglie, o semplicemente una signora.

C'è ancora domani
C’è ancora domani

Tra presente e futuro

Fare ciò che ci pare vuol dire poter ricominciare, sbagliare e pentirsi. Tornare sui propri passi, o semplicemente rendersi conto di aver fatto scelte da cui è il momento di allontanarsi. Sarebbe bello stupirsi che, fino a un secolo fa, le donne non potevano decidere di chiudere una relazione, ma questo schema è più attuale che mai.

C’è ancora domani mette in scena un racconto che risuona familiare, perché quelle donne che hanno lottato per emanciparsi e ottenere il diritto di voto fanno parte del nostro passato. Ma quella voglia di riscatto e di rispetto è un sentimento che vive ancora in ognuna di noi.