James Nachtwey: l’orrore della guerra in contrasto con la poesia degli scatti. In mostra a Milano

La torre sud del World Trade Center collassa in seguito allo schianto dell’aereo. USA, New York, 2001.

A Palazzo Reale di Milano una mostra davvero imperdibile: “Memoria”, di James Nachtwey. Questa esposizione, aperta fino al 4 marzo 2018, propone un’imponente riflessione individuale e collettiva sul tema della guerra. Curata da Roberto Koch e dallo stesso James Nachtwey, rappresenta una produzione originale e la più grande retrospettiva mai concepita sul suo lavoro. Promossa e prodotta dal Comune di Milano – Cultura, Palazzo Reale, Civita, Contrasto e GAmm Giunti con il contributo di Fondazione CariploFondazione Forma per la Fotografia.

“Il contrasto tra la bellezza delle immagini scattate da James Nachtwey e l’orrore dei soggetti delle sue foto stride quasi rumorosamente nella percezione degli spettatori –ha dichiarato l’assessore alla Cultura del Comune di Milano Filippo Del Corno–. Ma è proprio in questo modo che la guerra riesce a manifestare a coloro che non la vivono sulla propria pelle i suoi effetti perversi e suicidi, quale che sia la posizione di chi la osserva. Per questo il lavoro di Nachtwey non è solo la ragione di una bellissima mostra d’arte, ma anche la rappresentazione grafica di un impegno di civiltà, di un impegno per la pace”.

La battaglia per il controllo di Mostar è avvenuta di casa in casa, di stanza in stanza, tra vicini. Una camera da letto è diventata un campo di battaglia. Bosnia-Erzegovina, Mostar, 1993.

Pluripremiato in vari contesti, non solo di fotografia, e considerato universalmente l’erede di Robert Capa, con tensione morale e con impegno civile James Nachtwey ha dedicato la sua vita a raccontare la condizione umana nei suoi momenti più estremi, quando è sul punto di trasformarsi in un inferno. È l’epico testimone delle crudezze della guerra, di cui le fotografie esposte a Palazzo Reale sono una testimonianza diretta. Nachtwey è un osservatore di eccezione del mondo contemporaneo, il nostro più acuto testimone: nei suoi scatti troviamo dolore, ingiustizia, violenza e morte, in una danza quasi infinita in cui si alternano luce e tenebra.

In una delle prime manifestazioni della seconda Intifada palestinese, i dimostranti lanciano pietre e molotov contro i soldati, che sparano munizioni vere e proiettili di gomma, a volte letali. Cisgiordania, Ramallah, 2000.

Per rimanere a contatto con la parte più sofferente e sola del mondo, il fotografo statunitense ha scelto di utilizzare la via della bellezza e della compiutezza formale. Le sue splendide fotografie sono uno strumento di lotta, un gesto di compassione di fronte a scene come in Bosnia, a Mostar, dove in una camera da letto un cecchino spara dalla finestra o quando realizza i reportage sugli effetti della carestia in Darfur o ancora sui danni causati dall’Agente arancio in Vietnam. Tra le sue immagini più iconiche troviamo anche un sopravvissuto a un campo di concentramento Hutu in Ruanda con una cicatrice sul volto in primo piano, ma anche la Seconda Intifada in Cisgiordania vissuta in prima linea.

Una madre veglia sul figlio. Sudan, Darfur, 2003.

Nachtwey dà un volto alla guerra da 40 anni, mostrando cosa accade alle persone che la vivono sulla propria pelle. Quella guerra che l’11 settembre è arrivata anche “a casa”, negli USA, con l’attacco alle Torri Gemelle e con la guerra successiva in Iraq e in Afghanistan. Nelle immagini di Nachtwey a parlare è l’umanità ferita dalla violenza, devastata dalla malattia, dalla fame, dalla natura che insorge contro la pretesa di controllo dell’uomo.

Organizzate in diciassette sezioni, le duecento immagini esposte nelle diverse sale propongono al visitatore un’ampia selezione dei reportage più significativi di James Nachtwey: da El Salvador a Gaza, dall’Indonesia al Giappone, passando per la Romania, la Somalia, il Sudan, il Rwanda, l’Iraq, l’Afghanistan, il Nepal, gli Stati Uniti (tra cui la testimonianza straordinaria dell’attentato delll’11 settembre 2001) e molti altri paesi e si conclude con un reportage oltremodo attuale sull’immigrazione in Europa.

L’esposizione è accompagnata da un libro-catalogo pubblicato da Contrasto e Giunti.

Un uomo porta in braccio il figlio mentre tenta di attraversare il confine con la Macedonia. Macedonia, 2016.

Orari:
lunedì: 14.30 -19.30;
martedì, mercoledì, venerdì e domenica: 9.30-19.30;
giovedì e sabato: 9.30 – 22.30.

Biglietti: intero € 12,00 (comprensivo di audioguida), ridotto € 10,00.

Per informazioni: T + 39 199151121 | www.palazzorealemilano.it  | mostre@civita.it.