Alcuni poliziotti si sono uniti ai manifestanti, esiste un’altra America e noi vogliamo quella

Esiste anche un’altra America ed è quella che ci piace, mentre le proteste scatenate dalla morte di George Floyd erano al quinto giorno e i social rimandavano immagini e video di agenti di polizia che usavano manganelli, gas lacrimogeni e proiettili di gomma contro la folla, sono apparse su internet anche tantissime immagini di agenti che si sono uniti alle proteste e si sono schierarti dalla parte dei manifestanti per esprimere la loro posizione contro la brutalità della polizia e per mostrare solidarietà al movimento antirazzismo.

“Vogliamo stare con voi, per davvero. Mi sono tolto l’elmetto, ho posato i manganelli. Voglio che questa sia una parata, non una protesta”, ha detto lo sceriffo della contea di Genesee Chris Swanson ai manifestanti a Flint, Michigan, prima di unirsi alla folla riunita per marciare, questo ha suscitato commozione e applausi e ha dimostrato che un’altra America esiste ed è quella che deve andare avanti.

Gli ufficiali di Camden, New Jersey, hanno aiutato a portare uno striscione con la scritta “Standing in Solidarity” e si sono uniti alla folla cantando “no justice, no peace” (nessuna giustizia, nessuna pace).

A Santa Cruz, California, il capo della polizia Andy Mills si è inginocchiato con i manifestanti nella posa resa famosa da Colin Kaepernick, il dipartimento che ha tweettato “in memoria di George Floyd, vogliamo portare l’attenzione sulla violenza della polizia contro i neri”.

Due agenti di polizia di Kansas City, Missouri, un bianco e un nero, sono stati fotografati mentre tenevano in alto un cartello con la scritta “Basta brutalità da parte della polizia”.

A Fargo, nel North Dakota, un ufficiale è stato visto stringere la mano agli organizzatori della protesta mentre teneva in mano un cartello con scritto “Siamo una sola razza… La razza umana”.
Gli ufficiali di Ferguson, nel Missouri, hanno partecipato a una commemorazione inginocchiandosi per nove minuti e mezzo in memoria di Floyd, tra la folla sono esplosi applausi.

Le proteste in tutto il mondo sono scoppiate dopo la morte, avvenuta il 25 maggio, di George Floyd afroamericano, le cause ormai le conosciamo tutti, il poliziotto bianco Derek Chauvin, è rimasto con il ginocchio premuto sul collo dell’uomo mentre lo arrestava finché non è morto soffocato. Altri tre agenti sono rimasti impassibili mentre Floyd continuava a implorare di lasciarlo respirare, “Non riesco a respirare”. I quattro agenti sono stati licenziati ma solo Chauvin è stato arrestato e accusato di omicidio di terzo grado.

Questo spaventoso e drammatico evento di impronta razzista, filmato per intero, dall’arresto fino alla tragica morte di George Floyd ha fatto esplodere un bomba in una combinazione di disagi legati al momento difficile che stiamo vivendo, la pandemia di coronavirus e la disoccupazione di massa, questo ha sicuramente alimentato i disordini in tutto il paese. In questi giorni di proteste la polizia è stata vista usare gas lacrimogeni, granata stordente e proiettili di gomma oltre che sui manifestanti anche su giornalisti intenti a riprendere la situazione, ormai famoso il caso del giornalista della CNN, Omar Jimenez, che è stato arrestato assieme alla sua troupe durante una diretta tv, mentre riferiva delle proteste a Minneapolis.

Non sono mancati numerosi episodi di violenza fisica, a New York due mezzi della polizia hanno accelerato contro un gruppo di persone che stavano provando a fermarli, investendoli violentemente. Nonostante i filmati che mostrano palesemente l’accaduto, il sindaco Bill de Blasio ha dichiarato che “Non è appropriato che i manifestanti circondino un mezzo della polizia e minaccino gli agenti. […] Preferirei che i poliziotti non lo avessero fatto, ma capisco che non hanno innescato loro la situazione” dando quindi la colpa ai manifestanti.

Un fotoreporter di Minneapolis è stato accecato a occhio in modo permanente dopo aver preso un proiettile di gomma in faccia. Lo stesso Presidente degli Stati Uniti qualche giorno fa aveva usato un’espressione davvero poco consona “When the looting starts, the Shooting starts”, “Quando cominciano i saccheggi, si comincia a sparare”, con queste parole il presidente ha minacciato apertamente i manifestanti preannunciando di fatto un intervento armato per sedare la protesta.

When the looting starts, the Shooting starts

Non solo la questione è gravissima ma la citazione non è casuale, lo scrittore Don Winslow spiega su Twitter che la frase ‘When the looting starts, the shooting starts’ nasce da un ex capo della polizia di Miami chiamato Walter Headley, notoriamente razzista, che la pronunciò a una convention repubblicana riferendosi alle proteste degli afroamericani del 1967. “Trump – continua Winslow – ha usato le stesse parole minacciando di sparare ai suoi stessi cittadini”. Nei suoi cinguettii Trump attacca anche il primo cittadino di Minneapolis: “O il debole sindaco della Sinistra Radicale, Jacob Frey, mette sotto controllo la città, oppure invierò la guardia nazionale a farlo. Questi teppisti stanno disonorando la memoria di George Floyd e non permetterò che ciò accada. Ho appena parlato con il governatore Tim Walz e gli ho detto che l’esercito è completamente con lui. Cercheremo di tenere sotto controllo qualsiasi difficoltà, ma quando comincia il saccheggio si comincia a sparare”.

Se queste sono le premesse purtroppo la situazione non può che degenerare, per questo vogliamo sperare che presto venga fuori quell’altra parte dell’America, quella non marcia, quella che ha rispetto della vita, quella che non fa differenze di genere, razza colore, quella che non si divide e non si scontra con o senza divisa, quella che si unisce in un unico “corpo” per manifestare per i diritti umani, contro il persistente razzismo affinché non esista più quell’altra parte di America che distrugge tutto scatenando reazioni a catena che non possono che portare odio che genera altro odio che genera altra morte.