Voguing: movimenti che raccontano la storia della comunità LGBT

In questi giorni ha spopolato su TikTok il video di un gruppo di ragazz* che fanno voguing in porta Venezia, ricreando l’atmosfera di una vera ballroom, questa volta all’italiana. E non si tratta di un evento casuale, poiché dai commenti si può leggere che nel quartiere arcobaleno di Milano ogni mercoledì alle 22.30 c’è un appuntamento fisso “to strike a pose”. Ma quale storia vive dietro le mosse plastiche di questa danza?

Già dalla fine del 1800 esistevano ambienti che per la comunità LGBT non erano solo spazi architettonici, ma luoghi di incontro socio-culturale: stiamo parlando delle ballroom alla Pose, i cabaret, gli speakeasy o sale prese in affitto dove era possibile esprimere la propria identità senza filtri e lontani da una società giudicante. Questi ambienti destinati alla salvaguardia di leggerezza e autenticità fiorivano soprattutto nella città visionaria per eccellenza: New York, in particolare il quartiere di Harlem che, agli inizi del XX secolo, iniziò ad essere abitato da una community LGBT afro-americana e latina.

Il Rinascimento di Harlem fu una vera e propria rivoluzione in termini di arte, cultura, ed espressione del sé. Molti dei leader della comunità si dichiaravano apertamente gay o con identità fluide, capaci di sfidare il bigottismo e la chiusura sociale dimostrando che l’identità e la sessualità delle persone non sono categorizzabili ma intersecate, sfumate e sempre in evoluzione.

Data la vivacità e l’avanguardia che caratterizzava il quartiere, non sorprende che sia stata proprio Harlem la culla del voguing, una forma di danza stilizzata creata dalla comunità LGBT. Infatti, col tempo, i balls delle drag queen che si svolgevano a New York iniziarono a trasformarsi in vere e proprie sfilate all’insegna dell’estetismo e in gare di ballo in cui i voguer della community impressionavano il pubblico con i migliori movimenti plastici per far trionfare la propria “casa” sulle altre. 

Le case, competitive in pista ma unite all’esterno, erano delle vere e proprie famiglie surrogate, e ognuna aveva alla guida una ball mother che creando la propria casa, la offriva a chi una non ce l’aveva più, prendendosi cura di ragazzi rinnegati dalla propria famiglia per via della loro identità e orientamento sessuale e costretti a (soprav)vivere per strada prostituendosi o spacciando droga.
Come in ogni vera famiglia, nemmeno i componenti di queste erano esenti da incomprensioni e battibecchi che, invece di risolvere sbattendo la porta della camera, si superavano in pista attraverso pacifiche performance creative, in cui oltre a stravaganza e grossi movimenti, esisteva un forte rispetto e affetto reciproco.

Con il tempo il voguing si è evoluto in termine di stile passando per 3 fasi: l’Old Way, il New Way e il Vogue Fem.

L’Old Way, precedentemente noto anche come pop dip & spin, è stato il primo stile a fornire la base per lo sviluppo dei successivi. Era caratterizzato da una continua ricerca di simmetria attraverso movimenti che enfatizzavano angoli rigidi e linee rette. Ad ispirarlo, infatti, erano i geroglifici egizi, le arti marziali, la break dance, i movimenti militari e le statuarie pose maschili nel mondo della moda.

Successivamente, con la New Way si è passati dalla ricerca di movimenti puliti e lineari a movimenti decisamente più complessi: ad aggiudicarsi il ruolo di muse ispiratrici questa volta erano i contorsionisti, i ginnasti e lo yoga che i voguer cercavano di riprodurre nella loro danza angoli complessi, linee e illusioni fatte con le braccia.

Infine, il Vogue Fem si serve di esibizioni vecchio stile rivisitate attraverso movimenti più femminili, da qui il nome Femme. Il Vogue Fem si basa su 6 passi principali creati a immagine e somiglianza di quelli tipici della danza moderna e del pattinaggio artistico: Hands, Catwalk, Duckwalk, Spin, Dip e Floor performance. Le dinamiche che caratterizzano questo stile sono due: un movimento molto rapido e d’effetto definito “Dramatic” e lo stile “Soft & Cunt” che valorizza la grazia e la bellezza del mondo femminile con azioni piuttosto lente.

Nel corso del tempo, il voguing è uscito dalle ballroom e ha iniziato a farsi spazio nella cultura pop soprattutto grazie ad influenze dirette come Madonna che, con la leggendaria canzone Vogue, ha esportato in tutto il mondo il ballo delle comunità LGBT nato negli spazi sotterranei delle città come antidoto all’oppressione sociale.


Inoltre, per il The Blonde Ambition World Tour, Madonna ha scelto di essere accompagnata in ogni sua esibizione da ballerini professionisti che, dopo numerose selezioni, hanno riprodotto sui palcoscenici di tutto il mondo la vera atmosfera di una ballroom di Harlem.

A rendere il voguing un ballo digeribile dal mainstream è stato anche il film-documentario del 1990 del Paris is burning (disponibile su Netflix) che getta la luce e chiarisce ogni dubbio riguardo una cultura che, per quanto possa essere nata lontano dalle nostre case, ci ha influenzato profondamente e continua a farlo.

La regista, Jennie Livingston, è una ragazza caucasica che da giovanissima ha deciso di documentarsi e analizzare sul campo la cultura della ballroom, fino a realizzare un film in cui viene sdoganato il preconcetto che travestirsi fosse per i componenti delle community un atto di esibizionismo, dimostrando che si trattava di un vero e proprio strumento per affermare la propria identità in un mondo che cercava in tutti i modi di ignorarli.

Infine, nel 2018 è sbarcato su Netflix Pose, una serie tv creata da Ryan Murphy che ripercorre fatti storici rilevanti per la comunità LGBT assemblando un cast di attori transgender che valorizzano le storie di vita e l’ascesa sociale delle donne trans e delle persone gay di colore nella New York degli anni ’80.

Indipendentemente dallo stile, il voguing mostra il coraggio della comunità LGBT che, traducendo la propria identità in un linguaggio non verbale, ha trasformato quello che era un atto di resistenza in un movimento globale e intergenerazionale.
Negli ultimi anni la ballroom culture sta attraversando un revival grazie a film, serie tv, documentari e giovani voguer della generazione Z che portano nelle nostre strade non solo movimenti, ma gesti sociali carichi di storia, coraggio, e volontà di affermare la propria presenza nel mondo.