Broker di Kore-Eda Hirokazu, un diverso modo di raccontare la maternità, in concorso al Festival di Cannes. Recensione

Broker di Kore-Eda Hirokazu è in concorso al Festival di Cannes con una storia che affronta il discorso maternità e dell’adozione in modo originale e divertente.

In una notte piovosa, un bambino viene lasciato nella struttura del baby box. Sang-hyun e Dong-soo lo portano segretamente a casa. Tuttavia, il giorno successivo, So-young ritorna inaspettatamente, cercando il suo bambino Woo-sung. Decide di chiamare la polizia quando scopre che suo figlio è scomparso. La spiegazione dei due uomini è che lo hanno portato a trovare dei genitori adatti disposti ad adottarlo affinché abbia una vita degna.

Difficile da credere, ma senza un posto dove andare, So-young decide di unirsi alla loro missione per trovare nuovi genitori per suo figlio.
Nel frattempo, il detective della polizia Su-jin e il suo subordinato Detective LEE hanno indagato sul caso negli ultimi 6 mesi, in attesa del momento decisivo in cui poter cogliere i due sul fatto.
Questo gruppo di persone, riunite da una baby box, parte per un viaggio che porterà verso mete che non si sarebbero mai aspettati.

Il road movie di Kore – Eda racconta la maternità in modo originale e diverso perché in questo caso la madre che ha abbandonato il bambino, in circostanze misteriose che poi ci saranno svelate nel corso dell’avventura.

I personaggi sono interpretati davvero bene e la storia scorre senza perdere mai colpi in una rocambolesca ricerca dei genitori perfetti durante un viaggio in van che ricorda Little miss Sunshine i protagonisti finiranno con il costituire, senza rendersene conto, una famiglia di fatto e anche le due detective che si mettono sulle tracce dei “rapitori” finiscono con l’affezionarsi al piccolo e a creare una sorta di legame anche con So-young.

Il film si presenta con la giusta dose di malinconia e drammaticità, raccontando in modo diverso la maternità e la famiglia, sapendo anche strappare qualche risata al pubblico. Siamo di fronte a un film d’autore ma anche a un gradevole road movie corale in cui ogni personaggio, perfino il neonato è tratteggiato in maniera esemplare.

Doo – na Bae attrice coreana che abbiamo già potuto ammirare in Sense8 e Strange sa essere sempre perfettamente calata nel ruolo con il suo minimalismo recitativo caratterizzato però da una grande espressività.

Del resto il regista è risaputo sa raccontare davvero bene una storia, lo abbiamo visto in Father & son, Un affare di famiglia e Nessuno lo sa, insomma è di quei registi che quando passa da un Festival sa d’ha vedere e di solito ne vale sempre la pena. Il film, a proposito dei precedenti del regista giapponese, è innanzitutto il suo primo film in lingua coreana e poi rielabora i temi a lui cari e le sue ossessioni sulla famiglia e i rapporti umani.

Una caratteristica di questo film, che poi è una caratteristica di molti film asiatici, è che quello che si vede nella prima parte del film non è mai quello che sembra e i personaggi iniziano con sfumature in apparenza negative ma poi svelano un risvolto positivo. 

LEGGI ANCHE-> Nostalgia, la Sanità di Ermanno Rea vista da Mario Martone a Cannes

La madre che abbandona il bambino non è poi così snaturata e i due che lo “rapiscono” non sono i cattivi della situazione. La poliziotta interpretata da Doona Bae sembra il classico poliziotto cattivo ma poi si rivela addirittura un aiuto.

LEGGI ANCHE -> Stars at Noon di Claire Denis, amore e intrighi al Festival di Cannes. Recensione

Broken è un film di intrattenimento che conferma l’alto livello del regista e che può interessare un pubblico ampio, quello da festival e quello di sala.