E come str0nzi rimanemmo a guardare, Pif e il suo racconto terrificante del lavoro e dell’amore. Recensione

Il nuovo film del giornalista, attore e regista Pif “E come stronzi rimanemmo a guardare” è un devastante squarcio sul mondo del lavoro odierno. 

E come stronzi rimanemmo a guardare

L’ultimo lavoro di Pif rilasciato sui canali Sky dal 29 novembre 2021 dopo aver avuto una distribuzione parziale nelle sale cinematografiche italiane è ora disponibile su Prime Video.

“E come s*****i rimanemmo a guardare” mantiene la caratura ironica e sarcastica tipica di tutti i film del regista ma a quest’ultimo Pif aggiunge un ulteriore tassello, un’impronta dalle sfumature quasi tragiche. Il film è, infatti, uno sconvolgente spaccato della società odierna e allo stesso tempo una presa di coscienza della complicata realtà che ci circonda.

Trama

Arturo interpretato da Fabio De Luigi è un manager aziendale che viene licenziato a causa di un algoritmo, da lui stesso prodotto, finalizzato a determinare i dipendenti meno produttivi per l’azienda. Vittima del suo stesso operato Arturo è costretto a reinventarsi e scopre ben presto che la vita lavorativa in età adulta può essere molto complessa soprattutto in un contesto in cui le parole d’ordine sono velocità ed efficienza.

Inoltre, il nostro protagonista subisce la fine della relazione con la sua compagna Lisa (Valeria Solarino) dopo che quest’ultima ha scoperto tramite un’app che la loro relazione non avrebbe avuto futuro. Solo e senza soldi trova un coinquilino altrettanto in difficoltà che per poter “arrotondare” il lavoro di professore s’improvvisa hater su web. Arturo, spinto da un’apatica disperazione, viene assunto come rider nell’azienda Fuuber che si rivelerà una vera e propria gabbia dorata.

E come stronzi rimanemmo a guardare

Dopo essere entrato a far parte dell’azienda Fuuber l’esistenza di Arturo cambierà drasticamente. L’uomo spinto dalla necessità di guadagnare il più possibile dovrà sottostare ad orari asfisianti, imparare a correre più in fretta di tutti e contemporaneamente mantenere una patina di cordialità anche con i clienti più esigenti.

Costretto ad una vita in solitaria Arturo decide di provare un’applicazione ideata dai suoi nuovi datori di lavoro, un sistema a pagamento che ti permette di conoscere la tua anima gemella tramite la comparsa su richiesta di un ologramma.

Ed è così che entra in scena Stella, quella che sempre secondo un algoritmo è considerata come la sua metà in amore. Tra loro inaspettatamente nasce un rapporto genuino, di vicendevole rispetto e Arturo sembra trovare in questa assurda formula matematica un necessario conforto.

Stella, però, non è solo un mero algoritmo, è un essere umano in carne ed ossa obbligata come Arturo ad accettare le avvilenti condizioni lavorative della multinazionale Fuuber.

E come stronzi rimanemmo a guardare

La giovane donna è chiusa in un palazzo della compagnia a Mumbai e a causa di un contratto firmato non può abbandonare l’edificio ma deve dedicarsi completamente ai compiti di lavoro. Arturo ha perso tutto: il lavoro, la fidanzata di una vita, la voglia di inventare e mettersi in gioco, i suoi vestiti e la sua personalità. Però Arturo non può e non vuole perdere Stella ( il cui vero nome corrisponde a Flora) perché questo significherebbe spegnere definitivamente la propria individualità.

Così Arturo corre da lei per riprenderla e per riacquisire una dignità umana ormai schiacciata ed omologata al volere dell’azienda Fuuber. La storia di “E noi come s*****i rimanemmo a guardare” è un racconto distopico non nuovo alla narrazione cinematografica e letteraria. Ciò che, però, risulta originale è le modalità con cui il regista è riuscito a mettere insieme il suo lungometraggio. Pif rinnova la sua produzione rimanendo fedele alle sue più interessanti caratteristiche di autore.

E come stronzi rimanemmo a guardare

Amore e morte nel nuovo film di Pif

Il film ha moltissimi spunti di riflessione sull’attualità anche se diversi tra questi rimangono semplici rimandi senza essere un vero e proprio approfondimento.

Nonostante alcune parti e questioni siano un po’ approsimative, il regista siciliano riesce nell’intento di confezionare un film interessante scorrevole e a tratti profondamente triste. Intanto, la denuncia è quasi una didascalica lezione per il suo pubblico e nei confronti di una società asservita alle dinamiche opprimenti e totalizzanti delle multinazionali.

La paura che chi è al potere possa controllare capillarmente la nostra vita è praticamente di natura ancestrale. Tanta è la letteratura circa questo argomento, a partire dal libro cardine di  George Orwell “1984” di cui i due protagonisti sembrano essere una fonte di ispirazione per l’interpretazione di Arturo e Stella/Flora. Questi trovano nel loro amore una via d’uscita dalle minacce di Fuuber e fanno leva sul supporto reciproco per superare le avversità messe in moto dall’azienda.

Malgrado l’autenicità del rapporto instauratosi tra Arturo e Flora, la denuncia di Pif è chiara: nell’epoca della rete Internet e delle infinite possibilità di connetterci, legarsi veramente ad un’altra persona risulta il compito più arduo. Soprattutto se a causa delle numerose applicazioni sul cellulare, algoritmi più svariati e soluzioni a portata di un click veniamo progressivamente disumanizzati, privati della nostra soggettività.

E come stronzi rimanemmo a guardare

Così l’amore tra Arturo e Flora si collega strettamente all’idea di fine e lo fa in maniera quasi inevitabile. I tentativi di divincolarsi dai meccanismi dispotici della società si dimostrano come sforzi vani e vacui, seppur rivoluzionari. Abbiamo, infatti, consegnato i nostri dati e le nostre informazioni alle ricche multinazionali che avidamente li utlizzano per veicolare le nostre scelte future. Ed in questo processo noi stessi abbiamo avuto un ruolo importante,  forse proprio quello da protagonista. 

Complici o Vittime?

In questa prospettiva la storia di Pif simboleggia l’inquietante andamento distruttivo che il mondo odierno sta prendendo. E come lo stesso titolo suggerisce, ciò che spaventa maggiormenteè che l’indiferezza dilagante paia essere il principale tra i vari agenti di queste dinamiche. Cosa potremo dire di aver fatto per migliorare le cose a distanza di anni? Come ci dichiareremo dinnanzi alle difficile leggi del futuro, complici o vittime?

La verità di questa cupa faccenda risiede, purtroppo, nelle ultime devastanti parole pronunciate dal boss americano della Fuuber. Parole che trafiggono l’animo poiché possiedono il gusto amaro della verità. Il film di Pif è così un ultimo, disperato avvertimento per noi spettatori, esseri umani troppo comodi e rilassati nella nostra tiepida incuranza.