Master Gardener di Paul Schrader in concorso a Venezia 79. Recensione

Paul Schrader torna a Venizia per presentare in concorso il suo ultimo film, Master Gardener e per ricevere il premio alla carriera. 

Master Gardener è la storia di un giardiniere, un uomo qualunque in apparenza ma un uomo decisamente misterioso e dal passato oscuro che qui ha il volto di Joel Edgerton, il giardiniere Narvel Roth che si occupa del giardino di Gracewood, una ricca tenuta.

Roth è meticoloso, molto attento ma soprattutto molto edotto in materia di giardinaggio e, infatti, la sua voce narrante accompagna la storia con descrizioni di tipologie di giardini e metodi di cura degli stessi.

Roth è molto schivo e di poche parole, ha un passato misterioso, di lui non sappiamo nulla se non le cose che dice e parla quasi sempre di giardinaggio.

Insomma sembra proprio non uscire mai da questa dimensione. Quasi subito però veniamo a conoscenza di un dettaglio importante della sua vita, sul corpo ha diversi tatuaggi nazisti con tanto di svastiche che non lascerebbero alcun dubbio circa il suo modo di essere.

Quando poi una ragazza di colore, dal sangue misto arriva nella tenuta il link è automatico, ci aspettiamo che possa farle del male, ma in realtà dietro quelle svastiche tatuate si nasconde un uomo molto diverso che sta cercando di redimersi da un passato complicato.

Ma chi è la ragazza? Si tratta di Maya, la pronipote della proprietaria di Gracewood, Norma Haverhill. Quest’ultima si fida ciecamente di Narvel e gli affida la nipote per allontanarla dai problemi di droga in cui è coinvolta. Maya inizierà a lavorare con lui e ben presto ci accorgeremo che dietro i tatuaggi nazisti e i silenzi c’è un uomo dalle buone intenzioni.

Narvel aiuterà Maya a uscire dai suoi problemi, ma come? In generale il plot per le sue dinamiche sembra ricordare molto Taxi Driver, di cui non dimentichiamolo Paul Schrader fu lo sceneggiatore. Anche in Master Gardener come nel capolavoro diretto da Martin Scorsese vede un uomo solo, ai margini della società e con un passato complicato che incrocia la sua strada con quella di una ragazza sfortunata ma dolce e con la quale si instaura un legame. Per liberarla l’uomo agirà nell’unico modo che conosce: la violenza.

Master Gradener: bello ma non ci vivrei

Questo film è il terzo capitolo di una trilogia iniziata con First Reformed e Il collezionista di carte, presentato lo scorso anno alla Mostra del Cinema. Master Gardener andrebbe a chiudere il tema della redenzione e di queste figure solitarie e problematiche. Schrader si ispira dichiaratamente a Robert Bresson e i suoi personaggi tendono sempre a cercare una redenzione senza scorciatoie, ma attraversando tutto il “purgatorio” della loro vita, se non fosse che la svolta drammatica è sempre dietro l’angolo.

Il film è indubbiamente un ottimo prodotto, dopotutto stiamo parlando di Schrader, ma purtroppo rispetto al suo precedente The Card Counter, Master Gardener pecca di minore azione e di molti momenti didascalici nei quali ci si potrebbe perdere.

La storia somiglia molto a Taxi Driver per i temi e in un certo senso anche per il finale quindi si ha la sensazione di aver già visto questo film.

Da un punto di vista registico invece è ineccepibile con una scena psichedelica in mezzo ai fiori che si scolla dalla realtà e che si fa metafora del rapporto del protagonista con il mondo e la natura e allo stesso tempo di lui nella relazione con lei.

Purtroppo, malgrado tutti questi dettagli il film non decolla e personalmente non lo considero nella top 3 dei film Schrader se pensiamo a prodotti come The Canyons e lo stesso The Card Counter oppure Lo spacciatore e American Gigolo, Master Gardener è due spanne sotto.