Il mondo salvato dai ragazzini di Elsa Morante, un inno all’adolescenza
Il mondo salvato dai ragazzini è una raccolta poetica di una delle più grandi scrittrici contemporanee italiane: Elsa Morante, ed è quanto di più attuale può essere rinvenuto nei nostri giorni.
“Un inno alla verità e stimolo alla rivolta, è difesa dallo scempio dell’età che si dice adulta, ed è amore di vita ed esaltazione di ciò che qua è tuttavia possibile” (E. Morante, Il mondo salvato dai ragazzini, Einaudi, 2012, p. XI). Le parole di Goffredo Fofi rendono al meglio l’essenza de “Il mondo salvato dai ragazzini” un’esortazione ad una rivolta che deve partire proprio da quei “Felici Pochi”, ovvero dai giovani, i nuovi, gli unici in grado di ascoltare un messaggio, quello che il poeta cerca di suggerire: ricordare “la bellezza del vero” ad un mondo attraversato da molteplici pericoli, in primis quello dell’irrealtà.
In un contesto diverso dall’oggi, l’opera ci mette di fronte alla possibilità di interpretarla come una spinta verso un cambiamento che bisogna attuare a partire da noi stessi, anche e soprattutto in una realtà come la nostra. Il mondo salvato dai ragazzini esce presso Einaudi nel 1968, periodo che coincide con l’estendersi in Italia della neoavanguardia, contro la quale Elsa Morante oppone resistenza.
La sua provocazione viene, paradossalmente, condotta attraverso l’uso di uno sperimentalismo fatto di citazionismo, mescolanza di vari registri, eversione delle regole canoniche, il che potrebbe far pensare a un adattamento al tipo di letteratura messa in atto proprio dai neoavanguardisti.
In realtà, tale espediente vuole portare alla luce la verità proprio attraverso la poesia, venendo meno a quella riduzione dell’arte come semplice gioco e alla poetica della non-significanza. A favorire tale progetto, ossia il conseguimento del vero, è il fatto che la stesura della raccolta avvenga in concomitanza con il fenomeno della protesta studentesca che, dalla Francia, presto avrebbe raggiunto anche l’Italia.
Benché risulti il frutto di una lunga gestazione, avvenuta nel corso degli anni Sessanta e dunque ancor prima del movimento studentesco, “Il mondo salvato dai ragazzini” riporta solo in alcune parti riferimenti alla protesta, rivolgendo invece l’attenzione, più in generale, ai fatti politici e sociali caratterizzanti di quell’arco di tempo.
In particolare, la poetessa risulta maggiormente coinvolta da quanto accade negli Stati Uniti, in cui si era recata spesso e aveva avuto modo di constatare ciò che era oggetto di repulsione della beat generation, corrente con cui viene a contatto: il bellicismo sfrenato, il consumismo di massa, l’indifferenza verso ideali e verso la miseria dei diseredati, il razzismo violento (G. Bernabò, La fiaba estrema, Carocci, 2016, p.27).
Da qui scaturisce quell’intento che la Morante si propone di raggiungere attraverso la poesia e che viene esplicitato nella famosa conferenza di “Pro o contro la bomba atomica”: la poetessa afferma il bisogno di denunciare “l’irrealtà” di un mondo degradato, riconoscendo nei “ragazzini” cui si rivolge, i giovani impegnati in un’azione rivoluzionaria, in fuga dalla vita e da un mondo caduto nella tragedia (M. Bardini, Morante Elsa. Italiana. Di professione, poeta, Nistri-Lischi, 1999, p.681).
La stessa autrice definisce il libro come un tentativo di estendere il proprio punto di vista e renderlo collettivo. Ecco perché Goffredo Fofi descrive il messaggio che l’autrice vuole lasciare, nella sua prefazione del libro, “come un appello che salga da una gabbia e vada in cerca dei ragazzi di tutto il mondo” (Einaudi, op.cit., quarta di copertina). Un messaggio che diventa quasi una vera e propria denuncia ad abbandonare l’illusione e l’irrealtà e a perseguire ciò che è reale, ciò che è vero.
Tutto questo spinge a considerare la poesia come un nuovo modo di far politica, a detta di Goffredo Fofi e anche di Pier Paolo Pasolini che ne riconosce appieno il grande valore per la società: “[Il mondo salvato dai ragazzini] ha accompagnato una stagione della società italiana segnata dalla volontà di rinnovazione politica e morale”.
Nel suo articolo pubblicato nella rubrica «Il Caos» sul numero 35 di «Tempo», dell’agosto 1968 su “Il mondo salvato dai ragazzini”, Pier Paolo Pasolini definisce, inoltre, la raccolta della Morante come un riconoscendo, tuttavia, una difficoltà di lettura e comprensione essendo “qualcosa di irriconoscibile: non c’è nulla nella tradizione italiana, anche recente, che gli somigli o che esso ricordi”.
Il piacere che deriva da un tale tipo di scrittura giocosa rischia tuttavia di oscurarne la complessità intrinseca, come sostiene Pier Paolo Pasolini descrivendo “Il mondo salvato dai ragazzini” come un libro “atrocemente funebre” che contiene “tutte le ossessioni del mondo moderno […] come elementi assolutamente originali e vissuti personalmente, dentro un sistema linguistico così comunicativo da scandalizzare”.
La complessa struttura de “Il mondo salvato dai ragazzini” mette in scena la componente autobiografica di Elsa Morante, le convinzioni, le esperienze positive e quelle di disperazione e angoscia, finendo per costituire punto saliente della sua intera produzione letteraria e, prendendo in prestito le parole di Goffredo Fofi, si configura come “un inno all’adolescenza, alla sua energia e alla sua bellezza come visione politica per cambiare il mondo. Per questo è il libro che concentra e riassume tutti gli altri libri di Elsa Morante”.