That ’90s Show: c’è spazio per crescere nel sequel della sit-com Netflix. Recensione

Il sequel della brillante sit-com su un gruppo di amici alle prese con l’adolescenza negli anni ’70 ha il potenziale per seguire le orme dell’originale, se Netflix gliene dà l’occasione.

Con i suoi 200 episodi, andati in onda tra il 1998 e il 2006, “That ’70s Show” è stato un successo che ha lanciato le carriere della maggior parte del cast, e ha vissuto un piccolo rinascimento grazie alla sua (seppur breve) permanenza su Netflix.

Protagonista è un gruppo di amici capitanati da Eric Forman (Topher Grace), nel cui seminterrato si riuniscono il suo migliore amico Hyde (Danny Masterson), la vicina Donna (Laura Prepon, “Orange Is The New Black”), Kelso (Ashton Kutcher) e Jackie (Mila Kunis), la coppia che passa più tempo a lasciarsi che a stare insieme, e Fez (Wilmer Valderrama), lo studente in visita per uno scambio internazionale il cui paese d’origine è ancora un mistero.

La comicità brillante e l’affiatamento dei protagonisti l’hanno subito resa una delle sit-com più riuscite nel panorama americano. Netflix, che ha capito fin troppo bene il potere della nostalgia, non si è lasciata sfuggire l’occasione per tentare di replicare questo successo con “That ’90s Show”.

Cosa succede in That ’90s Show

È il 1995. Eric e Donna, ormai sposati, tornano a Point Place insieme alla figlia Leia (Callie Haverda) per fare visita ai nonni, il sempre burbero Red (Kurtwood Smith) e la sempre euforica Kitty (Debra Jo Rupp).

Leia, che ha sempre vissuto un po’ isolata, stringe subito amicizia con Gwen (Ashley Aufderheide), e ben presto si trova catapultata in un nuovo gruppo di amici: Nate (Maxwell Acee Donovan), il fratellastro di Gwen, e la sua ragazza Nikki (Sam Morelos), Ozzy (Reyn Doi, “Barb e Star vanno a Vista del Mar”), e Jay (Mace Coronel), che si rivela essere il figlio di Kelso.

Il gruppo inizia così a passare il tempo nel seminterrato dei Forman, e avere di nuovo la casa piena di ragazzi è una gioia per Kitty – per Red non così tanto, anche se, un po’ come succede a tutti i nonni, nei confronti della nipote persino lui si ammorbidisce.

Seguono episodi che ricalcano situazioni tipiche della sit-com, e anche della serie originale (come l’ostacolo di un fusto di birra a cui manca la spillatrice), che certo non sono innovativi, ma hanno una familiarità rassicurante.

I camei del cast originale sono poco invasivi ma abbastanza nostalgici, ricordandoci che sì, la serie adesso appartiene a questo nuovo gruppo, ma loro non se ne andranno mai davvero, e questo è estremamente confortante.

Le considerazioni

“That ’70s Show” non era perfetto, tra errori di continuità e cambi di cast dovuti a problemi dietro le quinte, ma basta guardare anche pochi minuti di una qualsiasi puntata per avvertirne la geniale comicità. “That ‘90s Show” prova a stare al passo, e verso la fine quasi ci riesce, complice anche il coinvolgimento dei creatori e sceneggiatori originali, Gregg Mettler e Bonnie e Terry Turner.

C’è da dire, però, che 10 episodi sono decisamente pochi per una sit-com. È evidente che lo show inizia a ingranare verso la fine, e ne risentono anche i giovani protagonisti, che non hanno tempo di affiatarsi in quanto cast.

Ciò che più di tutto fa storcere il naso è proprio la produzione Netflix, che ormai ha i suoi marchi di fabbrica anche nelle sit-com. Le luci sono un po’ troppo brillanti, le immagini un po’ troppo nitide: insomma, non sembra di essere negli anni ’90.

Ormai conosciamo bene le tendenze autodistruttive di Netflix, e non si può sapere con certezza quale sarà il futuro della serie, nonostante l’accoglienza abbastanza positiva. Sicuramente dovrà ancora cresce tanto, ma lo spazio per crescere c’è: sta al pubblico e alla casa di produzione dargliene l’opportunità.