Tefteri di Vinicio Capossela. Il libro dei conti in sospeso

Tefteri di Vinicio Capossela, il libro dei conti in sospeso. Una taverna invisibile dalla strada, una porta modesta a segnalare l’ingresso. Dentro, pochi tavoli, luci basse, fumo. In fondo alla sala una piccola pedana, dove si suona seduti in linea, di fronte agli avventori. Voce, chitarra, buzuki. Stasera si suona rebetiko. Si ascolta mentre si mangia e si beve. È l’eucaristia che si riceve da seduti, senza poter scappare, e la taverna è la sua chiesa.

Tefteri di Vinicio Capossela

Vinicio Capossela ha percorso le strade della Grecia nell’anno del tracollo finanziario. Ha incontrato quel che resta dei leggendari rebetes nelle taverne di Atene, Salonicco, Creta, catturando visioni, ebbrezze, magie e illusioni su un piccolo taccuino, il suo Tefteri. Il libro dei conti in sospeso, edito da il Saggiatore e riproposto in una nuova edizione.

Tefteri di Vinicio Capossela ci prende per mano e ci conduce un una Grecia inedita, sofferente e fiera, che riscopre il rebetiko come musica della krisis. Nell’immergerci in questo testo si sente la necessità di ascoltare le melodie di cui parla Capossela. È un libro sensoriale che nelle descrizioni così dettagliate delle atmosfere, della musica e dell’etimologia stessa delle parole, può essere completo se accompagnato dalla musica. Una musica dell’assenza, nata dalla rabbia e dalla nostalgia di un popolo, quello greco-turco, che nel 1922 si trovò sradicato e straniero in patria.

Tefteri di Vinicio Capossela copertina

Rebetiko è scelta politica. Rebetiko è appartenenza. È il canto di sirena che riecheggia nei porti del Mare nostrum. Per il rebetiko non si applaude, si rompono piatti: la radice della sua forza unica affonda nel suo anarchismo. Nota dopo nota, pagina dopo pagina, il Tefteri è la trascrizione dei debiti e dei crediti che bisogna fare per «imparare il mestiere di campare».

Con questo romanzo si riflette tanto sul senso delle radici, sulla terra e sulle storie degli uomini, sedentari e nomadi. Si ripensa la figura di Odisseo, si sogna, si fa l’amore con il viaggio e ci si sente un po’ nomadi lungo il percorso. Ma soprattutto la cosa che più colpisce è lo sguardo profondo in una terra che si credeva di conoscere ma che si mostra sofferente ma dignitosa, pronta a rialzarsi e ripensarsi nuova.

Tefteri di Vinicio Capossela ci racconta delle tradizioni e della storia, c’è un pezzo in cui racconta della comunità ebraica di Salonicco e il rastrellamento degli ebrei avvenuto durante la seconda guerra mondiale; uno sradicamento che l’autore ci racconta rimandando a una fotografia che raffigura un gruppo di ebrei il giorno di sabato (lo shabbat) vestiti a festa e due tedeschi nazisti. Un uomo salta davanti alla schiera di compagni che lo osservano mentre il tedesco è davanti a lui. È un immagine che prelude all’orrore che sarebbe arrivato in seguito, è un immagine che dice molto di un pezzo di storia ed è uno dei punti più commoventi del racconto. Con questo esempio, e poi con altri, comprendiamo la ricchezza e l’eterogeneità di un popolo ma soprattutto la sua dignità.

Un passaggio del libro ci spiega poi che in Grecia hanno iniziato a far girare una moneta alternativa, per sopravvivere e alcuni sono tornati al baratto. Ci sono molti dettagli e specifiche di una pagina della storia recente che però abbraccia anche quella passata, riportare questi dettagli sarebbe difficile. È impossibile restituire il percorso tortuoso ma dettagliato che compie questo libro ma al termine della lettura vi sentirete arricchiti e informati. Vi sembrerà di aver partecipato ad alcuni di questi rituali dove il canto diventa momento di racconto, aggregazione e rituale collettivo.