Tenet di Christopher Nolan: un ambizioso esercizio di stile

Ultima fatica di Christopher Nolan, Tenet è uscito nelle sale in un momento storico ben preciso: la riapertura dei cinema post covid avvenuta nell’agosto 2020. Con un cast stellare, John David Washington, Robert Pattinson, Kenneth Branagh, Elizabeth Debicki, Aaron Taylor-Johnson e un budget milionario, 205 milioni di dollari, il più costoso del regista al momento. Tenet è un film che porta su di sé un importante peso: il rilancio delle sale e la conferma di Nolan come uno dei registi più importanti e influenti attualmente. Sebbene abbia conseguito dignitosamente il primo risultato, sul secondo tentenna non poco, risultando un film con difetti decisamente importanti che lo rendono forse il film con l’idea più ambiziosa del regista a oggi e con una messinscena davvero sorprendente, ma anche il più confuso nella narrazione.

Piuttosto che parlare della trama del film, che risulta molto semplice nella sostanza: un uomo vuole distruggere il mondo presente attraverso la manipolazione del tempo, mentre un altro cercherà di impedirglielo, ma pesantemente confusa nell’intreccio, è più interessante approfondire cosa c’è che non vada nell’opera, non per affossarla ma per riflettere, e della figura di Nolan come regista.

A oggi Christopher Nolan gode di privilegi quasi esclusivi e raramente concessi nel mondo del cinema, parliamo di carta bianca e budget quasi illimitati per la realizzazione dei suoi film da parte della Warner Bros (lo stesso trattamento di cui godeva Stanley Kubrick dalla stessa casa), che gli permettono di mettere in scena ogni sua idea, capriccio e vezzo perché, se da una parte riesce quasi sempre a far coesistere la parte autoriale con quella commerciale (escluso Memento, forse il film più autoriale, tutti gli altri risultano essere dei blockbuster con delle belle idee di fondo) dall’altra è a tutti gli effetti un regista molto polarizzante: c’è chi lo ama e lo difende a spada tratta e chi trova nelle sue opere tutta la banalità possibile.

L’idea di raccontare il tempo è un tema ricorrente nella filmografia del regista, già affrontato in Memento, Inception e Interstellar (e parzialmente in Dunkirk, in cui il tempo diventa solo uno strumento narrativo) e Tenet rappresenta forse il tentativo più azzardato e ambizioso di ragionare su di esso. La possibilità di invertirlo, il reverse tema centrale del film, dà spazio a soluzioni narrative interessantissime e molto originali, ma che purtroppo sfociano in un costante esercizio di stile, un mostrare i muscoli e le abilità tecniche del regista, quasi dimenticandosi di rendere leggibile sin dalla prima visione l’intreccio della storia. Perché se da una parte il rivedere un film può aiutare a focalizzarsi su dei dettagli che possano far apprezzare maggiormente l’opera (pensiamo a qualsiasi film di Kubrick che dopo ogni visione acquisisce sempre più significato), nel caso di Tenet diventa quasi fondamentale solo per comprendere gli eventi principali. Più si va avanti nella storia e più si ha la costante sensazione di perdersi qualcosa, come se fosse stata tagliata una mezz’ora abbondante di girato.

I personaggi risultato gusci vuoti (tranne il cattivo che presenta un minimo di spessore), marionette al servizio dell’idea che Nolan vuole raccontare che, seppure originale, cade ripetutamente in cliché che servono a un’opera forse troppo visionaria per restare in piedi. Un altro problema è proprio l’idea di fondo che si basa sull’enigma del Sator, elemento che ha affascinato Nolan ma che se non si conosce non fa cogliere dei sottotesti che rendono il film più “profondo”, seppure in maniera leggermente forzata (conoscendo il quadrato di Sator e il suo significato è possibile dare un’interpretazione più sottile agli avvenimenti presenti nel film).

Per concludere, Tenet è un’opera mastodontica, anche grazie ai suoi 150 minuti di durata, che chiunque si dica appassionato di cinema dovrebbe vedere, con difetti molto grossi e che non passano inosservati, ma con un’ambizione di fondo davvero ammirevole che mostrano per l’ennesima volta la grande cultura e la grande passione per il cinema di Nolan che, stavolta, non è riuscito a gestire bene, forse lasciandosi prendere la mano da eccessivi virtuosismi tecnici (una sorta di Dogma 95 al contrario), confezionando un film non brutto, ma che di certo non è riuscito a rispettare le forse eccessive aspettative che ormai si hanno su questo regista, divenuto simbolo di un cinema sì complesso, ma anche problematico.