Princess di Roberto De Paolis apre Orizzonti della 78a Mostra Internazionale di Venezia. Recensione

Princess di Roberto De Paolis ha aperto la sezione Orizzonti della 79° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia.

Il film ci racconta la vita di una giovane ragazza nigeriana di appena 18 anni che si prostituisce sul ciglio di un boschetto a pochi chilometri dal litorale di Ostia. Lei è Glory Kevin ed è passata dalla “vita” alla recitazione, sì perché lei si prostituiva per davvero e la sua storia non era molto diversa da quella che De Paolis ci ha voluto raccontare con questo secondo lungometraggio seguente Cuori puri, presentato al Festival di Cannes.

Princess è il nome della nostra protagonista che vive la sua quotidianità come se quel bosco dove ella vende il proprio corpo fosse il bosco delle fiabe e lei davvero una principessa e così i clienti diventano dei principi azzurri, tra moltissime virgolette.

Ma tra questi ce n’è uno che sembra davvero diverso dagli altri, lui è Corrado e si presenta simpaticamente come un misantropo, non ama molto gli esseri umani e ha più simpatia per gli animali. Come già si è visto in molte storie simili anche in questa la bella ragazza sfortunata trova un po’ di pace dai suoi drammi grazie all’unico uomo che la tratta bene e che non la considera un corpo da usare.

Storie simili le avevamo già viste al cinema in alcuni film, non italiani, primo fra tutti Pretty Woman ma qui non siamo in un film di Garry Marshall e il nostro regista italiano non edulcora niente, anzi. Siamo più vicini, forse, all’onestà di Ozon e del suo Giovane e bella ma, in questo caso con molta meno sensualità.

Qui i rapporti sessuali sono consumati velocemente e maldestramente, nessuno ha il volto di Richard Gere e i clienti più vecchi non sono Johan Leysen, ma c’è il volto sempre incisivo di Lino Musella, qui nei panni di Corrado, appunto con tutta la verità della sua recitazione e la sua grande capacità di sembrare sempre ambiguo e impenetrabile tanto da pensare che il suo personaggio abbia due facce.

Infatti il film si muove sempre nell’ambiguità e in ogni scena si sente continuamente quella sensazione di pericolo, siamo vulnerabili e indifesi proprio come la protagonista, niente è sicuro e come può capitare il cliente tranquillo così può capitare quello che ti prende i vestiti e ti lascia nuda nel bosco, e questo è solo il meno.

In un primo momento sembra di assistere a un documentario più che a un film di fiction, sia nei contenuti che nello stile con una fotografia sporca, non filtrata da alcun ritocco. Si racconta semplicemente in modo asettico la giornata “tipo” di Princess così da consentirci di entrare nel suo mondo.

La macchina da presa sembra spiarla nei suoi momenti, il lavoro attacca con una preghiera a Dio affinché le faccia trovare solo clienti buoni e poi la giornata di lavoro comincia, per poi concludersi con il rientro nella sua baracca insieme alle sue compagne.

Il regista non scegli un punto di vista salvo poi farci vedere tutto quello che succede a Princess, compresi i momenti complicati e grotteschi. Il grottesco di solito viene affidato ai clienti, come a voler prendere in giro certi tipi umani. In ogni caso De Paolis non giudica mai, non si condanna né assolve, lascia a noi il compito di farci un’idea.

Per la protagonista di Princess non sembrano arrivare mai i momenti belli, finché la trama non prende ritmo e avviene l’incontro con Corrado e poi il suo compleanno, due momenti questi che ce la raccontano nella sua umanità e non nella professione. Così un pezzo alla volta la scopriamo sensibile, timida, bambina (perché di fatto lo è), innamorata, sognatrice e tante cose di sé che quando lavora non mostra.

Il legame che unisce queste due solitudini, quella di Princess e quella di Corrado, saprà rompere il muro della triste realtà in cui si svolgono le rispettive vite? Di sicuro i due riescono a ritagliarsi dei momenti di felicità attraverso la semplicità di tanti piccoli momenti che li fanno restare umani, rispetto al marcio in cui vivono.

Il film nella sua semplicità d’esecuzione va molto in profondità e malgrado la descrizione cruda e onesta di un mondo che esiste e che molte volte ci ritroviamo sotto casa, un mondo fatto di indifferenza e bestialità, ci lascia tanta dolcezza e anche tanta malinconia.

Non potendo raccontare nel dettaglio cosa accade al termine di questa fiaba metropolitana devo però segnalare che il finale di Princess è il punto della storia che lascia più degli altri l’amaro in bocca, perché in realtà il film termina in sospeso e si tratta di un sospeso che ci riporta con brutalità alla dura realtà.

Da questo punto in poi sta a noi sognare, ipotizzare, immaginare cosa ne sarà di Princess e del suo Corrado perché con lo stesso sguardo distaccato e documentaristico De Paolis esce dalla storia così come vi è entrato, in medias res.