Bones and All di Luca Guadagnino: l’amore ai tempi del cannibalismo

Luca Guadagnino e Timothée Chalamet tornano insieme ma questa volta non per il tanto agognato sequel di Call me by your name, purtroppo ma i fan del sodalizio regista – attore non saranno delusi perché la coppia ha presentato in concorso ufficiale a Venezia 79 Bones and All, anche questo tratto da un’opera letteraria, omonima, scritta da Camille DeAngelis.

Maren (Taylor Russell) è una ragazza solitaria che vive sola con il padre, una sera partecipa a un pigiama party e aggredisce una sua compagna di scuola, le mangia letteralmente le dita della mano sinistra. Maren è una cannibale e a quanto pare questo non è il primo episodio di cannibalismo del quale si rende protagonista e a questo punto suo padre decide di lasciarla alla sua vita. Con un nastro registrato in audiocassetta, siamo negli anni ottanta (periodo evidentemente prediletto del regista), il padre spiega a sua figlia i motivi per cui la sta abbandonando.

Trovandosi da sola Maren si mette in cerca di sua madre e inizia un viaggio per tutto il paese durante il quale incontrerà altri suoi simili, uno di questi è Lee (Timothée Chalamet) cannibale come lei e vagabondo, almeno in apparenza, di lui scopriremo tutto il passato gradualmente.

Tra Maren e Lee si instaura fin da subito un legame fatto di parole e sospesi, silenzi e confidenze, di fatto sono due adolescenti che si stanno innamorando, non molto diversi dai loro coetanei se non fosse che loro mangiano carne umana.

Di fatto il film di Guadagnino è un coming of age on the road e racconta la storia di due adolescenti e dei loro problemi, della ricerca della propria identità ma soprattutto del loro posto nel mondo. Peccato che un loro simile Sully (Mark Rylance) inizi a seguirli perché ossessionato da Maren e così facendo getta un’ombra sul loro percorso.

Con questo film Luca Guadagnino è riuscito ancora una volta a emozionare e andare nel profondo delle emozioni. Anche in questo film si parla d’amore come fu per Call me by your name e anche questa volta il destino dei due protagonisti è un destino ineluttabile.

La storia è struggente e commovente e se siete deboli di stomaco e la visione delle scene di cannibalismo vi crea problemi avrete qualche difficoltà a vederlo ma superato il momento, e ve lo dice qualcuno che è davvero debole di stomaco, vi immergerete in una storia dolce e meravigliosa al termine della quale avrete la prova di quanto un amore grande possa fagocitarne un altro. E qui mi fermo per non anticipare troppo.

Potremmo considerare il cannibalismo come la metafora della diversità e dell’emarginazione intesa nel suo significato più ampio. Maren e Lee sono due reietti della società, sono distaccati dal resto del mondo eppure rispetto ai coetanei “normali” sono molto più svegli e hanno un cuore anche più grande ma nonostante ciò non riescono a connettersi con gli altri.

Nel loro essere diversi Maren e Lee si scoprono uguali e si comprendono perché il loro modo di essere, in questo caso il cannibalismo fa meno paura del solito e lo si può affrontare più facilmente, un po’ come la vecchia storia di mal comune mezzo gaudio.

In questo caso Luca Guadagnino non si prende molto tempo per raccontare questo amore, non si sofferma sugli sguardi, sulle attese e sulla lenta presa di coscienza che avevamo visto in Call me by your name. Questo amore, rispetto a quello di Elio e Oliver è più famelico, distrugge tutto ciò che trova sul proprio cammino, anche gli stessi protagonisti. È un amore che divora voracemente ogni cosa, fino all’osso, appunto.