Everything Everywhere All at Once è il miglior film sul multiverso di sempre. Recensione

Nel film Everything Everywhere All at Once, i registi creano una visione fantascientifica con al centro Michelle Yeoh, un’opera di grande inventiva difficile da eguagliare sotto molti aspetti.

Everything Everywhere All at Once

Un pensiero che abbiamo avuto tutti nella vita è se nel nostro passato abbiamo preso le scelte giuste. È questo che dovrei fare? Ho preso una strada sbagliata durante il mio percorso? Da questo senso di inquietudine universale è nato un intero sottogenere di film indiani ovvero i mumblecore, caratterizzati soprattutto per la produzione di film a bassissimo budget (spesso utilizzando telecamere digitali), incentrato molto spesso sui rapporti personali fra trentenni, dove le sceneggiature sono improvvisate e gli attori non sono professionisti.

A prima vista, l’ingannevole semplicità di Everything Everywhere All at Once dei registi Daniel Kwan e Daniel Scheinert potrebbe rientrare in questo filone. La protagonista del film, Evelyn Wang (Michelle Yeoh), è una mite donna di mezza età che mal sopporta il marito nerd Waymond (Ke Huy Quan) o la vita che hanno costruito negli ultimi 30 anni, gestendo una lavanderia a gettoni. Nei giorni che vediamo all’inizio, la loro unica fonte di emozioni forti è la fuga da un’implacabile donna del fisco.

Se le indigenze quotidiane dell’esistenza sono al centro di Everything Everywhere, sono anche un trampolino di lancio, una DeLorean tematica a cui aggrapparsi mentre il film dischiude lentamente, ma con disinvoltura, la vastità della sua visione fantascientifica.

Everything Everywhere All at Once

Il risultato è uno dei film più ambiziosi e creativi che siano arrivati al cinema da qualche anno a questa parte, rivelando come, anche all’interno della routine di una lavanderia a gettoni o di un ufficio del fisco, i segreti del multiverso siano nascosti in bella vista. E quando vengono svelati, ciò che si sprigiona è a dir poco una follia caleidoscopica, nonché pura beatitudine demenziale.

Il punto focale di questo paese delle meraviglie è, ovviamente, la Yeoh nel ruolo di Evelyn, inizialmente un ruolo distante un milione di anni dai suoi primi film sulle arti marziali, tra cui La tigre e il dragone di Ang Lee, quando incontriamo Evelyn è una donna depressa, che cerca disperatamente di convincere i clienti abituali della sua lavanderia a gettoni a partecipare ai festeggiamenti per il capodanno cinese e che, a quanto pare, tiene a distanza la figlia Joy (Stephanie Hsu), lei le ha rivelato di avere una ragazza ed Evelyn si sente obbligata a nascondere la notizia al nonno cinese della ragazza (James Hong) perché non capirebbe.

Questa freddezza viene meno, tuttavia, il giorno fatidico in cui Evelyn si reca al colloquio con il revisore dei conti infernale, Deidre Beaubeirdra (un’inflessibile Jamie Lee Curtis). Scrutando a fondo anni di ricevute e spese errate della piccola impresa, il donnone della Curtis è convinta che questo sia il giorno più importante della vita di Evelyn e del marito Waymond. Non ha tutti i torti, anche se il motivo sorprende persino Deidre: lentamente, uno dopo l’altro, tutti i presenti nell’ufficio dell’Agenzia delle Entrate vengono posseduti da varianti di se stessi provenienti da tutto il multiverso, a cominciare dal dolce e svampito Waymond.

Everything Everywhere All at Once

Trasformandosi in un attimo da George McFly a John Wick, Waymond, improvvisamente aggressivo e con la sua cintura nera, comunica a sua moglie, proveniente da un’altra dimensione, alcune informazioni cruciali: lei è la Evelyn più importante del multiverso e, se vuole continuare a esserlo, è meglio che inizi a saltare velocemente da una realtà all’altra, perché tutte le versioni che ha conosciuto hanno avuto una morte violenta.

Quello delle dimensioni multiple è un concetto che abbiamo visto esplorato in molti blockbuster hollywoodiani ad alto budget negli ultimi tempi, è stato il fulcro del più grande film del 2021, Spider-Man: No Way Home, ed è pronto a riportare sul grande schermo molteplici attori del personaggio di Batman nel corso di quest’anno in un film intitolato ovviamente The Flash.

Ma in entrambi i casi, le reali implicazioni di qualcosa come la teoria delle stringhe sembrano esistere solo per consentire agli studios di saccheggiare la storia delle loro proprietà intellettuali alla ricerca di ulteriore nostalgia da sfruttare. Al contrario, Everything Everywhere All at Once, accetta la sfida di prendere in considerazione le possibilità di creare un’atmosfera  piena di confusione.

Everything Everywhere All at Once

Come sarebbe scoprire un numero infinito di versioni di se stessi? Dal punto di vista della cultura pop, questo film si avvicina a qualcosa di strano e stravagante come uno dei migliori episodi di Rick and Morty. Tuttavia, paragoni di questo tipo sono quasi un disservizio, soprattutto per un prodotto così umanistico e, in ultima analisi, pieno di buone intenzioni come il sogno cinematografico ad occhi aperti dei registi.

La vibrazione emotiva del film è data dai ripensamenti che prova Evelyn, nel multiverso, Waymond sottolinea persino che la ragione per cui lei è la Evelyn davvero speciale è perché si tratta della prima persona che ha incontrato ad aver fallito in tutto ciò che ha iniziato, il che la rende perfetta per assorbire le esperienze altrui. Nonostante il complimento che suona stridente, ma davvero ironico, il viaggio del personaggio è vertiginoso; si imbarca in una ricerca cosmica in cui le viene permesso di vedere se stessa e la sua famiglia da ogni punto di vista possibile.

In effetti, l’intero cast è in grado di interpretare una moltitudine di variazioni dei loro personaggi principali, che vanno dal dilettarsi con le arti marziali, in cui Yeoh ha sempre eccelso, all’inserirsi nella sua vita reale, dove una variante di Evelyn è una star del cinema, il cui fascino quotidiano è intervallato da spezzoni del passato della della vera attrice sui red carpet.

Allo stesso modo, Huy Quan, un attore che molti ricordano ancora come Short Round di Indiana Jones e il Tempio Maledetto, interpreta la variante di Waymonds, da quello più mite al seduttore, fino a quello pronto a recitare in un film western.

In tutto questo, i registi portano un’energia irriverente simile a quella del loro Swiss Army Man — Un amico multiuso, la Yeoh, Hsu e persino la Curtis entrano in mondi in cui le dita sono sostituite da hot dog, i film Disney prendono vita e dove ogni “metodo” per attraversare la realtà successiva è più ridicolo del precedente. Ma più il film si lascia andare alla perversione tonale, più rimane ancorato alla realtà grazie alle tre interpretazioni centrali che descrivono una famiglia sull’orlo del collasso.

Everything Everywhere All at Once

A questo proposito, Yeoh, Hsu e Huy Quan diventano un collante coeso che lega le gag più demenziali del film, con la Yeoh che interpreta in modo eccellente ogni aspetto di una donna trascurata e sottovalutata. Evelyn è insieme tragica e ambiziosa, ingenua e struggente, soprattutto nelle scene finali che condivide con la figlia Joy.

Everything Everywhere All at Once è il tipo di film che si vede solo una volta ogni morte di papa. È talmente ricco di invenzioni e di idee – anche le vignette che durano meno di un minuto potrebbero essere interi film – da risultare abbagliante. Indipendentemente da ciò che si può dedurre da questa recensione, non bisogna assolutamente distogliere lo sguardo dalla sua genialità.