Thor: Love and Thunder, un sequel di Thor non troppo riuscito e privo di emozioni ma sicuramente inutile
Non tutto è male in questo film che altrimenti sarebbe praticamente da buttare, ebbene sì stiamo parlando proprio di Thor: Love and Thunder.
Ci sono due grandi capre urlanti amplificati che non cessano mai di tenerci compagni per tutto il film e questo già potrebbe far passare la voglia, le grandi aspettative su Gorr il macellatore di dei interpretato da Christian Bale sono andate in frantumi visto che più che altro sembrava uno zombie parente alla vicinissima di Voldemort tanto da chiedersi se sia plagio. Senza dimenticare la comparsata grottesca di Russell Crowe panni del dio greco Zeus che fa il suo spettacolino dentro una corazza d’oro e tutù bianco.
A questo punto mi sembra giusto passare ai lati positivi, e sicuramente in cima alla lista è impossibile non citare la durata, abbiamo 120 minuti e basta per lo più inutili, tutto da buttare verrebbe da dire, se non fosse per le scene post-credit di cui non ci saranno spoiler ma consigliamo caldamente di fermarsi fino alla fine perché Thor ritornerà. Come se non lo avessimo già previsto.
Ma quale Thor rivedremo? Sicuramente pare ovvio che sarà quello interpretato da Chris Hemsworth, la divinità norrena Thor Odinson, ma tutti sappiamo che a contendersi il martello adesso abbiamo un’altro Thor ovvero proprio la dottoressa Jane Foster (Natalie Portman) che ha fatto la sua apparizione per la prima volta in“Thor” (2011) ed è tornata poi in “Thor: The Dark World” (2013).
Come racconta la storia dei fumetti Jane scopre di essere stata colpita da un cancro al quarto stadio e per lei sembra che l’unica prospettiva sia la morte, finché non scopre che brandendo il vecchio martello di Thor, Mjölnir si può trasformare nella Potente Thor dalla chioma bionda e la muscolatura accentuata.
Il Mjölnir sappiamo essere stato fatto a pezzi in “Thor: Ragnarok” con un breve ritorno in “Avengers: Endgame” grazie ai viaggi nel tempo, nonostante si trovi in una bacheca solo per esposizione, quando Jane ci si trova vicina lui riprende il suo potere e lei ne diventa il possessore scatenando gelosie tra Thor e la sua nuova arma Stormbreaker.
Quella che vediamo sullo schermo alla fine si riduce a una guerra per le asce e una battaglia fra ex con l’ego smisurato di Thor che viene praticamente sempre smorzato e un tentativo goffo di affrontare tematiche come la parità di genere, ma ovviamente tutto fallisce miseramente. Tutto si perde nella confusione di troppe e inutili battute senza senso su una trama che sembra la copia di altre pellicole Marvel già trite e ritrite.
È ornai da tempo che la Marvel appare stanca e priva di creatività e sicuramente la mano di Taika Waititi con il suo umorismo eccessivo e stancante non ha aiutato, in seguito al mal riuscito “Ragnarok” che prende una strada scivolosa, il regista ha provato a dare dare un tocco comico e spensierato a Thor: Love and Thunder, ma quello che ne esce è un’avventura demenziale e triste. Thor vuole essere divertente a tutti i costi e nello stesso tempo cerca di ritrovare la sua grandezza di cui nessun Avengers più fare a meno.
Quindi tra risate o smorfie e montaggi in sequenza rapida per mostrare tutta la vita del dio del tuono tra chi ha perso e chi ha amato, le sconfitte e le vittorie facciamo un viaggio nella vita del personaggio e inizialmente pare anche divertente oltre che curioso, soprattutto perché ci rendiamo conto della sua evoluzione priva di senso ma anche della bravura dell’attore nel tenere insieme i pezzi anche quando la stessa sceneggiatura gli mette i bastoni tra le ruote.
Tutto il film è una contraddizione, sembra riflettere la crisi di identità di Thor fin dall’inizio ma al contempo pretende di risolverla, anche la parte dove incontriamo i uardiani della Galassia sembra più buttata dentro solo per dare un extra paga a Pratt e compagnia bella.
Quando sembra che stia per migliorare, come nel caso della Nuova Asgard, una cittadina norvegese e bucolica trasformata in una trappola per turisti e dove gli Asgardiani sopravvissuti si sono spostati e abbiamo molto materiale da esplorare, tutto improvvisamente si blocca per far spazio a inutili camei e product placement che non cercano nemmeno di essere nascosti.
Waititi non si smentisce mai
La comicità di Waititi è ormai famosa e anche in questo caso non si smentisce, il suo umorismo è quasi aggressivo e appare forzato troppo spesso confonde la goffaggine per irriverenza e l’autocompiacimento per autoironia. Ci sono momenti buoni, come l’arrivo di Thor, Jane e il testo del gruppo su un paradiso neo-olimpico chiamato Omnipotence City che sembra quasi Las Vegas e dove Zeus è un giullare completo.
Ma alla fine la sua parte migliore riesce a tirarla fuori quando prova a suscitare emozioni piuttosto che un’ironia noiosa, come per il racconto troppo breve di come nasce Gorr o nel vedere Jane lottare conto la malattia che avanza e trovare un modo per sfuggirla, il potere del martello la trasforma nella Potente Thor, ma invece di guarirla si scopre che accelera il processo della malattia, nonostante il potenziale sia tanto per il personaggio, il film non lo rimanda e lo spreca facendola diventare semplicemente un tormentone.
La vera storia delle origini di Gorr, quella tratta dai fumetti, è di tutt’altra caratura e nel film non gli si da il giusto peso, questo per sprecare minuti preziosi su altre scene evitabili, una scelta rispecchia perfettamente il risultato che voleva ottenere il regista, poca sostanza, tante risate sciocche. Tessa Thompson nel ruolo di Valchiria, alleata di Thor e sovrana di Nuova Asgard poteva essere un bel personaggio, ma la pellicola non le da abbastanza spazio per esplorarlo. Avevamo già una donna guerriera, perché aggiungerne una seconda?
Nel film ci sono anche moltissimi bambini che ovviamente sono in pericolo, una tendenza a smuovere le coscienze e così alzano la posta in gioco e addolciscono la storia trasformando il film in un genere sentimentale così da essere quasi una scelta obbligata avere un sequel, ma visto Thor: Love and Thunder lo vogliamo davvero un altro film?