Coronavirus: non è ancora pandemia, non chiamiamola tale finché non lo è

A oggi, lunedì 24 febbraio 2020, il Coronavirus (Sars-Cov-19) non è ancora una pandemia, quindi per ora non usiamo termini impropri, non solo per non creare allarmismi finché non ne n’è bisogno, ma anche per imparare a usare i termini giusti al momento giusto.

Dizionario: Pandemia, /pan·de·mì·a/vsostantivo femminile, Epidemia con tendenza a diffondersi rapidamente attraverso vastissimi territori o continenti. Origine: dal gr. pandēmía ‘tutto il popolo’, comp. di pân ‘tutto’ e dêmos ‘popolo’ •1821.

Nonostante la definizione effettivamente non si distanzi tantissimo da quello che stiamo vivendo in queste ore, al  momento la fonte più attendibile rispetto a questa emergenza, ovvero l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), dichiara che non si tratta di pandemia ma epidemia di emergenza sanitaria globale, da sottovalutare?
No assolutamente, la pandemia è sempre in agguato ma non chiamiamola tale finché non lo è.

Inoltre il sito ci tiene a chiarire la situazione, anche per rendere trasparente l’informazione, dichiarando che una pandemia riguarda solo malattie infettive, cioè scatenate da un agente patogeno (il cancro non è una pandemia, nonostante sia ampiamente diffuso in tutto il mondo) per le quali l’essere umano non ha immunità preesistenti. Cruciale è la rapidità con cui il patogeno è in grado di diffondersi.

In questo momento stiamo parlando di epidemia e si verifica quando un soggetto ammalato contagia più di una persona e il numero dei casi di malattia aumenta rapidamente in breve tempo. L’infezione si diffonde, dunque, in una popolazione costituita da un numero sufficiente di soggetti suscettibili. Spesso si riferisce al termine di epidemia con un aumento del numero dei casi oltre l’atteso in un particolare area e in uno specifico intervallo temporale.

Allo stesso modo è difficile, forse impossibile, stabilire quando da epidemia si passa, se succede, a pandemia, nel caso sappiate che l’isteria non aumenta le difese immunitarie.

Come prepararsi a una pandemia?
Non dobbiamo farlo noi personalmente, il nostro compito è quello di seguire le indicazioni di base che ci vengono fornite dagli enti predisposti e lasciar fare il “lavoro sporco” a chi ha già stabilito dei piani di sicurezza, come l’Oms e la Banca Mondiale che hanno creato il Global Preparedness Monitoring Board (Gpmb), una commissione indipendente di 15 esperti internazionali che ha lo scopo di monitorare la situazione mondiale e stilare raccomandazioni, strategie per prepararci ad affrontare la prossima pandemia. Il primo report del Gpmb, pubblicato a ottobre dello scorso anno, dipinge un quadro non proprio roseo, segnalando tutte le debolezze dei sistemi dei singoli Paesi e delle reti globali per la tutela della salute pubblica. Essenziale è lo sviluppo della collaborazione internazionale, la condivisione trasparente e immediata delle informazioni su qualunque nuovo agente patogeno potenzialmente pericoloso per la salute umana.

I consigli esecutivi più urgenti che i governi dovrebbero attuare per rispondere in maniera efficiente all’insorgere di una nuova pandemia, ovvero ogni Paese dovrebbe investire di più in sanità pubblica e prevedere una copertura sanitaria per tutti. I membri di organizzazioni come il G7 o il G20 dovrebbero dare il buon esempio realizzando gli impegni politici e monitorando i progressi. Tutti i Paesi dovrebbero rinforzare i propri sistemi, individuando figure ad hoc investite di autorità e responsabilità politica per condurre simulazioni e allo stesso tempo ampliare il coinvolgimento di tutti gli stakeholder (dai legislatori a chi si occupa di salute umana e animale, dai responsabili della sicurezza e degli affari esteri fino ai semplici cittadini).

Servono anche più investimenti per lo sviluppo di processi efficienti di produzione di vaccini e antivirali ad ampio spettro su larga scala. La commissione non manca di sottolineare che alle pandemie sono connessi anche rischi economici ingenti, a cui enti come la Banca Mondiale o il Fondo monetario internazionale devono prepararsi. Non esiste poi la protezione nazionale quando si parla di pandemie: più sono i Paesi vulnerabili maggiori sono i rischi per tutti. Per questo il Gpmb raccomanda di creare incentivi e aumentare i finanziamenti internazionali agli stati più poveri, per creare un sistema efficace di risposta all’emergenza sanitaria.